Trovata la faglia che nel V secolo scatenò il terremoto che danneggiò il Colosseo: è quella del Monte Vettore, il più alto massiccio dei Monti Sibillini in provincia di Ascoli Piceno, che si è attivata nel 2016 in Italia Centrale. Lo indica lo studio italiano pubblicato sulla rivista Tectonics e secondo il quale questa faglia genera terremoti distruttivi a intervalli compresi fra 1.500 e 2.100 anni circa.
La ricerca è guidata da Paolo Galli, sismologo del Dipartimento nazionale della Protezione civile e dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Igag-Cnr) ed è stata condotta con le università Sapienza di Roma e ‘G.d’Annunzio’ di Chieti-Pescara. Nell’area dell’Italia centrale colpita dai terremoti dell’agosto e dell’ottobre 2016 i ricercatori hanno scavato trincee a cavallo delle rotture superficiali e delle deformazioni generate dai sismi. Studiando le caratteristiche geologiche della roccia, hanno quindi ricostruito i terremoti generati in passato dalla faglia del Monte Vettore che si estende per 30 chilometri. “Sapevamo che in passato quella faglia aveva rilasciato forti terremoti, ma non era associata a terremoti avvenuti in tempi storici, cioè annotati nei registri o nelle fonti storiche”, ha detto Edoardo Peronace dell’Igag-Cnr.
Studiando le pareti delle trincee, i ricercatori hanno individuato le ‘cicatrici’ lasciate da deformazioni precedenti del suolo e hanno dimostrato che lo stesso sistema di faglie ha generato in passato, negli ultimi 9.000 anni e prima del 2016, almeno cinque terremoti distruttivi. L’ultimo dei cinque è stato associato al terremoto del 443 d.C, annotato nei resoconti storici, fortemente avvertito a Ravenna e noto per aver lasciato il segno anche a Roma, nei danni prodotti a chiese paleocristiane, come la Basilica di San Paolo, e a monumenti noti, primo fra tutti il Colosseo. Lo studio, ha spiegato Peronace, dimostra che “questa faglia genera terremoti distruttivi ogni 1.500- 2.100 anni circa”.
E’ un risultato che, secondo i ricercatori, indica che anche altre faglie silenti potrebbero essere una minaccia: per questo vanno studiate e considerate al fine della mitigazione del rischio sismico. Le faglie silenti, ha detto il sismologo Galli, potrebbero essere più distruttive di quelle attive, perché non vengono considerate pienamente quando si valutano i rischi sismici.