La parabola di Marino: quando le virtù diventano peccati

Da Tsipras de 'noantri' alle priorità di programma 'mancate'

Quando la bicicletta l’ha portato in Campidoglio per la prima volta, è stato salutato con grande enfasi: arrivava finalmente il cittadino-sindaco, schivo delle auto blu, simboli del potere. E lui ha continuato ad essere diverso, fino a sembrare un alieno di un pianeta dove tutto ciò che lo circonda  si muove attraverso meccanismi del tutto estranei al suo modo di essere. Tanto che il sito più letto dall’establishment romano, Dagospia, lo ha paragonato a una sorta di ‘’Tsipras de noantri’’ , per le recenti prese di posizioni, apparse velleitarie come alcuni atteggiamenti del leader greco. Lo abbiamo infatti  visto marciare sorridente in testa al corteo per i diritti civili delle coppie gay,  lo abbiamo ascoltato  intimare il ‘’ritorno nelle fogne’’ alla destra, abbiamo saputo che  non ha voluto incontrare il manager – navigatore di lungo corso, Franco Bernabè, che perorava più soldi per il Palaexpo. Ma questo ‘’estremismo’’ comportamentale, che marca una netta discontinuità soprattutto con la politica della mediazione, o meglio dell’inciucio, è poi così ridicolo? O non sono oggi più ridicoli coloro che dal potere continuano a cercare l’applauso e, se possibile,  sostentamento? Il sindaco Marino doveva certo capire – come scrive Corrado Augias, rispondendo a una lettera su ‘’La Repubblica’’ – che ‘’le strade crivellate di buche e cosparse di immondizie erano un problema immediato. Prima della bicicletta, delle coppie gay, dei Fori chiusi al traffico”. Ma  soprattutto doveva mettere in conto che i principi di persona per bene diventano solo degli handicap rispetto ai valori condivisi dal pubblico e dal privato che conta.  Anche se poi, sono quei ‘’valori’’ che portano  ad  essere spesso alla ribalta della cronaca. Che ormai è spesso ‘’nera’’. (Cls)

 

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