Pochi metri oltre una pista battuta può significare l’adrenalina dell’azzardo ma anche un rischio altissimo di vita. I dati più recenti relativi all’attività di medici e soccorritori in montagna raccontano di incidenti in cui i protagonisti sono sempre più spesso giovani freerider, ovvero gli appassionati del fuoripista, che tendono ad emulare le pericolose acrobazie che atleti estremi professionisti pubblicano sui social network. Una nuova generazione che rischia di più rispetto agli amanti dello scialpinismo classico, che normalmente viene svolto in maggiore sicurezza. In questi giorni di pericolo valanghe marcato, per gli amanti del fuori pista è decisiva e vitale la prevenzione attraverso un’attenta programmazione delle escursioni e la consultazione dei bollettini meteo. Secondo gli esperti, è assolutamente da evitare la pericolosa abitudine di avventurarsi sulla neve fresca, anche se ci si trova a pochi metri di distanza dalle piste battute, perché il pericolo slavine aumenta esponenzialmente.
“Tante volte uscire anche pochi metri da una pista battuta e frequentata dagli sciatori e avventurarsi in una zona a rischio può provocare una valanga. È sufficiente passare sopra un pendio dove si è ammassata una certa quantità di neve, anche portata dal vento, perché si distacchi una slavina”, spiega Giorgio Gaier, presidente della delegazione Cnsas Alto Adige. “Solitamente una pista è delimitata da cartelli che vietano all’utente di proseguire oltre. Nel momento in cui si supera questo limite ci si avventura in un mondo ad altissimo rischio”, aggiunge l’esperto. Ed il rischio, se si affronta la montagna senza il necessario rispetto e preparazione, è di rimetterci la vita.
Il fine settimana scorso sono state ben otto le vittime di valanghe, nonostante il bollettino segnalasse il grado 4 di 5. “Abbiamo bollettini molto precisi e ci aspettiamo che i fruitori della montagna li consultino per poter valutare se le condizioni del manto nevoso sono ottimali o meno. È necessario prepararsi bene, sapere attendere e anche rinunciare, perché se c’è il minimo rischio di valanghe è consigliabile evitare l’escursione”, spiega Gaier. Quando una persona rimane intrappolata sotto una valanga, i tempi di intervento fanno la differenza tra la vita e la morte: “Per noi è sempre dura in queste situazioni, perché si tratta di interventi che dipendono dalla velocità, quindi bisogna correre. E poi, sempre più spesso, le vittime sono ragazzi giovani o persone che condividono, come noi, la passione per la montagna”, racconta Francesco Bonsante, medico rianimatore del 112 della Provincia autonoma di Bolzano.
“Quando ci capita di intervenire dopo una valanga troviamo generalmente tre tipi di situazioni”, spiega Marc Kaufmann, primario del reparto di medicina d’urgenza al San Maurizio. “Ci sono i pazienti asfittici, cioè le persone che purtroppo muoiono soffocate sotto una valanga. C’è poi un gruppo più ridotto di casi in cui la vittima muore per ipotermia. E poi ci sono le vittime da politraumi”.