A Roma esiste un’emergenza reale che riguarda lo sport cittadino, i suoi impianti e la loro riqualificazione e messa in sicurezza. Un’emergenza che non investe le decisioni del CIO sulle Olimpiadi del 2024 o le diatribe tra amministrazione capitolina e il CONI, ma lo stato complessivo dell’impiantistica sportiva di Roma e provincia. Nella lista degli stadi e delle strutture dimenticate ci sono simboli della città, piccoli gioielli abbandonati, cattedrali nel deserto e opere incompiute.
Sul podio c’è lo Stadio Flaminio, un piccolo mausoleo dello sport italiano lasciato al proprio destino in un estenuante rimpallo di responsabilità tra Federazione Italiana Rugby, FIGC e Comune di Roma. Un degrado che è stato documentato da Radiocolonna lo scorso anno e che – a distanza di mesi – è sempre più evidente e marcato. Non va meglio nella periferia nord di Roma, dove un’enorme struttura polifunzionale giace nelle campagne che separano Roma dalla Tuscia. Siamo a Cesano, Municipio XV, sede dell’enorme centro polifunzionale abbandonato che avrebbe dovuto rappresentare un’eccellenza dell’impiantistica sportiva laziale. L’edificio – progettato per ospitare quasi 1500 persone – oggi ha solo i muri esterni ed “è spesso popolato da senzatetto” dicono i residenti. Un disagio che dura dal 2009 e che il consiglio municipale sta cercando di risolvere con una risoluzione – datata luglio 2016 – che chiede al dipartimento SIMU del Comune di Roma di riprendere i lavori.
“La responsabilità di gestire queste strutture in disuso spetta al Comune, non al Comitato Olimpico – chiarisce il CONI a Radiocolonna, sollecitato sul tema – abbiamo ricevuto dal governo Renzi il compito di occuparci del Piano Sport e Periferie: impianti ai margini delle città da riqualificare e da ridare alla cittadinanza”. Un programma ambizioso che rimetterà a nuovo decine di centri in tutta Italia, tra cui il Palasport di Corviale e la pista d’atletica di Ostia “giù ultimata e inaugurata”. Unico vincolo: l’impianto dev’essere pubblico.
Tra gli impianti sportivi abbandonati o incompiuti merita un posto di riguardo la ‘Vela di Calatrava’, la Città dello Sport – iniziata a costruire nel 2005 e mai conclusa – che nei progetti iniziali avrebbe dovuto ospitare i mondiali di nuoto del 2009, poi svolti nelle strutture del Foro Italico. Un altro spazio interessante è quello dell’ex Velodromo dell’Eur, l’impianto costruito in occasione delle Olimpiadi del ’60 adibito alle corse ciclistiche su pista. Una struttura demolita circa otto anni fa ora al centro di un processo – da circa tre anni – che sta accertando la quantità d’amianto emessa nell’aria dopo la distruzione e le relative responsabilità. L’ennesima conferma che a Roma – oltre alle dispute olimpiche – c’è un’impiantistica sportiva da ricostruire e rimettere in sicurezza. (Giacomo Di Stefano)