L’Unesco salvi il Centro Storico dai minimarket

Tredici associazioni scrivono a Franco Bernabè perché li aiuti a evitare il proliferare dei minimarket in centro

Maria Egizia Fiaschetti per Il Corriere della Sera Roma

 

È bastato un cenno, l’annuncio di nuove linee guida per il settore food nelle aree tutelate, a innescare la rivolta. Se era un test, per saggiare le possibili reazioni, il risultato è inequivocabile: tredici associazioni (Comitato Vivere Trastevere, Fai Lazio e Roma, Italia Nostra centro storico, Comitato per la bellezza. Carte in regola, Coordinamento residenti città storica. Comitato salvaguardia Borgo, San Lorenzo vía degli Ausoni, Progetto Celio, Comitato abitanti rione Monti, Roma è la mia città, piazza Navona e dintorni. Progetto Trastevere) ieri hanno scritto al responsabile comunale dello Sviluppo economico, Adriano Meloni, per denunciare la situazione «di allarme e incertezza».

 

Si sentono traditi, gli stakeholder dei rioni assediati dalla fiera del cibo a basso costo: pensavano di partecipare a un progetto condiviso, ma la fuga in avanti dell’assessore li ha spiazzati: «Nel nostro incontro del 1 marzo – ricordano i firmatari della lettera – le avevamo rappresentato le ragioni che impongono di intervenire con la massima urgenza per inibire le nuove aperture di attività alimentari in alcuni ambiti territoriali nei quali si è superato ogni accettabile livello di saturazione. Contrariamente a quanto ci aveva assicurato, non abbiamo avuto più alcuna possibilità di interlocuzione». Per dissipare ogni dubbio, i residenti chiedono «con fermezza un incontro urgente per proseguire l’auspicato confronto».

 

E per un’email recapitata in via dei Cerchi, ce n’è un’altra che Vittorio Emiliani, presidente del Comitato per la bellezza, invierà a Franco Bernabé, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco: «Serve una presa di posizione come è avvenuto a Firenze per bloccare l’apertura del McDonald’s in piazza Duomo. L’organismo delle Nazioni Unite ha tutta l’autorevolezza necessaria e gli strumenti di moral suasion per far sentire la propria voce: chiediamo un intervento anche a Roma». L’appello è per la salvaguardia della città storica che, senza un freno alla proliferazione di attività alimentari, rischia di spopolarsi: «È in atto un processo dirompente», denuncia Emiliani. «Mentre aprono centinaia di negozi di vicinato, i residenti se ne vanno salvo poi trasformare le proprie abitazioni in bed & breakfast e affittacamere abusivi».

 

Già, perché se è scontro sulle nuove regole, rimane l’incognita di come farle rispettare: «Nel I Municipio il servizio di polizia locale è sguarnito», sottolinea la consigliera Nathalie Naim. «Senza personale a sufficienza né fondi per pagare gli straordinari molte zone, in particolare quelle della movida, sono abbandonate. Gli unici presidi fissi sono in piazza di Spagna, davanti al Pantheon e a Fontana di Trevi». Viviana Di Capua, portavoce dell’Associazione abitanti centro storico, condivide la preoccupazione per la carenza di controlli: «Le norme ci sono, a che serve un nuovo regolamento? Lo stop ai minimarket era già previsto nel rapporto dell’ex prefetto Tronca… Senza una struttura in grado di colpire gli irregolari sono tutte chiacchiere».

 

La richiesta di legalità arriva anche dalle associazioni di categoria. Spiega Cesare Tirabasso (Confesercenti Roma): «Da quando sono state abolite le tabelle merceologiche si distingue soltanto tra attività alimentare, non alimentare e mista. E gli esercizi di vicinato si possono aprire con una semplice comunicazione per via telematica: l’amministrazione dovrebbe verificare se quanto dichiarato corrisponde al vero, ma è un serpente che si morde la coda». Motivo per cui è difficile stilare un censimento: «La scorsa settimana abbiamo chiesto dati più precisi alla commissione Commercio», racconta Tirabasso. «Ci hanno risposto che li avrebbero elaborati… Staremo a vedere..».

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