Passano i giorni ma la trattativa tra M5S e Lega non decolla. Sono ancora molti i punti di dissenso sul “contratto” di governo e sulla scelta del presidente del Consiglio che portano a dire che Luigi Di Maio e Matteo Salvini piu’ che alla ricerca di un accordo sembrano essere gia’ in campagna elettorale. E’ stato soprattutto il leader leghista a sottolineare, dopo l’incontro al Quirinale con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, che le distanze sono ancora grandi su punti “importanti” del programma e che la Lega intende realizzare quanto promesso agli elettori con l’intero centrodestra, un’alleanza che Salvini non vuole rompere.
Come detto, non e’ solo il contratto di governo a dividere ancora grillini e leghisti; non secondaria e’ la scelta del premier che dovra’ realizzare i punti del programma che si sta cercando di stendere (anche oggi sono previsti nuovi incontri tra le due delegazioni per cercare un’intesa). Per Di Maio il presidente del Consiglio dovra’ essere un mero esecutore del contratto, ma e’ oltremodo difficile trovare un “terzo” disposto a rinunciare alle prerogative proprie del premier per essere “teleguidato” dai suoi due vice, espressione diretta del M5S e della Lega.
C’e’ poi da registrare il fatto nuovo emerso in questi ultimi giorni: la ricandidabilita’ di Silvio Berlusconi. Il leader di Fi e’ tornato rieleggibile e quindi ha tutto l’interesse di un ritorno alle urne la prossima primavera. I pochi voti di maggioranza che l’alleanza M5S-Lega puo’ contare al Senato (sette), con Forza Italia non disposta a fare favori al nuovo esecutivo, non depongono a favore di una lunga vita politica di un governo giallo-verde. Salvini, quindi, non e’ molto disponibile a rinunciare a punti del programma del centrodestra (flat tax, infrastrutture, legittima difesa, controllo piu’ serrato sull’immigrazione) che potrebbero portare gli alleati del centrodestra (Forza Italia e Fratelli d’Italia) ad imputargli cedimenti e tradimenti in caso di nuova campagna elettorale a breve termine. Berlusconi in campo, poi, significa che Fi potrebbe crescere nei consensi (l’ex premier ha dimostrato, nelle consultazioni che lo hanno visto candidato, di avere un elettorato proprio che potrebbe far crescere Fi almeno di 3-4 punti senza intaccare gli alleati) e portare il centrodestra oltre il 40% e quindi alla maggioranza in Parlamento.
Tutto questo non depone a favore di una conclusione positiva delle trattative (da sottolineare poi che l’eventuale accordo sara’ sottoposto, questo fine settimana, al giudizio degli elettori, cinquestelle attraverso la piattaforma Rousseau e leghisti con i gazebo, con esiti incerti). Staremo a vedere.
Intanto cresce l’irritazione di Mattarella per questo modo di procedere, anche se, sotto sotto, la richiesta di M5S e Lega di avere ulteriore tempo per chiudere la trattativa viene incontro alla sua contrarietà rispetto ad un voto anticipato a luglio. La “finestra” sembra ormai chiusa e, se un accordo per la formazione del nuovo esecutivo non sara’ raggiunto, si apre la strada verso quel governo “neutrale e di garanzia” che il Colle aveva proposto visto lo stallo tra le forze politiche.