E’ positivo il giudizio dei veterinari sulla parte del nuovo regolamento capitolino che prevede, fra l’altro, un microchip anche per i gatti e i conigli domestici, così come accade da parecchi anni per i cani.
In particolare, per i gatti, è “assolutamente auspicabile”, dice la dottoressa Carlotta Bernasconi, vicepresidente della federazione Nazionale degli Ordini dei veterinari, “un dispositivo che consenta di censirli e tracciarli”. “Col microchip – spiega – è molto più facile rintracciarli in caso di smarrimento; inoltre, così è possibile un maggior controllo anche a fini sanitari, a beneficio sia dei gatti che dei padroni e di chi gli sta accanto”.
Ancora più importante “per i gatti di colonia”, cioè quei tanti che, per capirci, popolano gli antichi monumenti romani o anche strade e giardini meno centrali, spesso nutriti dalle ‘gattare’. “E’ importante un microchip per i gatti di colonia, per censirli, capire se sono sterilizzati, e anche per un loro monitoraggio ai fini della sanità pubblica”.
Chiaramente, se le ‘colonie’ sono gestite da associazioni animaliste, il tutto diventa più facile, o meno difficile. Il problema si pone nei confronti di chi spontaneamente offre cibo e rifugio ai randagi. “E’ un compito non facile – osserva Bernasconi -: bisognerebbe che il Comune o una qualche autorità provvedesse all’informazione e alla ‘formazione’ delle gattare, per rispettare l’effettivo benessere degli animali. A volte, succede che le intenzioni di chi spontaneamente si prende cura dei gatti non collimino nè col benessere dei gatti, nè con quello della sanità pubblica, cioè degli esseri umani”.