Minimarket, l’ennesima promessa di rivoluzione

L’assessore Meloni promette la realizzazione di nuove norme per arginare il fenomeno. Ma si continua a parlare senza costrutto

Nuovo giro di vite sui minimarket. Sarà la volta risolutiva? Ne dubitiamo. E intanto il centro storico continua il suo inarrestabile declino. “Non prevediamo – ha dichiarato l’assessore al Commercio, Adriano Meloni – alcuna moratoria triennale entro il perimetro Unesco (cioè le Mura Aureliane) anche perché non si può azzerare un intero comparto produttivo. Punteremo, invece, sulla qualità: chi aprirà dovrà posizionare sui propri scaffali prodotti a marchio Docg e Dop”.

 

L’assessore e il suo dipartimento hanno concluso una ricognizione sui 21 rioni del I Municipio e si dicono pronti ad arginare il fenomeno dei minimarket. La proposta di un “sigillo di qualità” del Campidoglio per le nuove attività è sicuramente un buon viatico, ma le vecchie? Potranno continuare indisturbate a vendere alcolici a poco prezzo e merce di scarsa qualità?

 

È questa la domanda che i romani si stanno facendo da moltissimo tempo. Il Pd, che sarà sicuramente di parte quando si tratta di attaccare l’operato del Movimento 5 Stelle, parla di “situazione ormai al limite”. E non ha tutti i torti. Ci sono zone della città (Trastevere su tutti) in cui pizze al taglio, minimarket, ristoranti e bar rappresentano oltre il 50% dell’intera offerta di negozi. Una cifra esorbitante che deve essere tenuta sotto controllo.

 

Per questo si creerà una via preferenziale per chi aprirà attività diverse, come librerie o negozi di antiquariato. Ma qui inizia a vacillare il teorema di Meloni: chi, in questo momento storico, è pronto ad aprire librerie, quando tutte quelle storiche del centro stanno chiudendo? Si tratta di attività ormai marginalizzate dai colossi dell’editoria, che sopravvivrebbero pochi mesi prima di venire stritolate dalla concorrenza. Le pizzerie al taglio e i minimarket, invece, hanno costi di avviamento più bassi e sono forti di una richiesta pressoché inesauribile.

 

Ci permettiamo qualche ulteriore dubbio: nessuno può effettivamente controllare questi nuovi minimarket che dovrebbero promuovere la qualità italiana. E chi ha il tempo di entrare in centinaia di esercizi commerciali e verificare che le norme vengano applicate? C’è poi un punto su cui si insiste da tempo: la facilità con cui vengono aperti e poi chiusi questi negozi, dovrebbe far sorgere più di un dubbio. Ma nessuno ha mai indagato.

 

La concorrenza, poi, è di quelle pesantemente sleali: come altro definire esercizi commerciali che hanno come unica leva quella del prezzo o di orari improbabili (fino alle 2-3 di notte)? E ancora: se davvero il Campidoglio è così interessato al progressivo imbarbarimento del centro storico, perché nessuno è mai venuto a controllare di persona la situazione ormai diventata insostenibile? A questo punto non resta che sperare nella rivolta di Confesercenti.

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