Michele Marangon per Il Corriere della Sera Roma
Quintali di pesce morto, stordito, agonizzante: anguille, meduse, orate e spigole che sembrano ustionate. Il risveglio al lago di Sabaudia, in particolare lungo il canale romano che sbocca a Torre Paola, è avvenuto nel segno dell’ennesima emergenza. Brutto spettacolo per turisti ed escursionisti che si erano riversati al Circeo. «Abbiamo campionato l’acqua e varie specie di pesci morti – ha detto Andrea Bazuro, amministratore della Comunione eredi Scalfati – faremo le analisi e denunceremo tutto alle autorità competenti». Un fenomeno di questo tipo, dopo le morie per anossia nel lago ed il manifestarsi di coltri schiumose dovute ad alcune sostanze chimiche – in particolare saponi – pare nuovo e ancor più preoccupante.
Un biologo esperto delle dinamiche lacustri, Armando Macali, sostiene che la fonte inquinante sia arrivata dal mare. «Osservando le lesioni – dice Macali – è fuori dubbio che i pesci siano stati investiti dall’ondata di un agente chimico estremamente aggressivo. I pesci avevano le mucose arrossate, l’epidermide lesionata. Altri erano agonizzanti. Penso possa trattarsi dell’azione di un rifiuto presente in elevatissima concentrazione. Una vicenda non scaturita per ragioni naturali: nel lago non vi erano infatti esemplari morti, che invece sono stati rinvenuti nel canale. I pesci, travolti dall’agente inquinante, non si sono potuti rifugiare nelle acque interne poiché bloccati dalle paratie». Toma alla ribalta la questione ambientale del lago di Paola. «Come si può pensare a sviluppare l’economia turistica, agricola e sportiva – si chiede Anna Scalfati – se non si arriva a punire chi inquina?»