Il 16 marzo 1978, esattamente 40 anni fa, Aldo Moro fu rapito nel tragico agguato di via Fani che costo’ la vita ai cinque uomini della sua scorta e, dopo 55 giorni di prigionia, a lui stesso. Le pagine dei giornali ricordano con enfasi questo avvenimento che fu il culmine di quell’attacco al “cuore dello Stato” portato avanti da anni dalle Brigate Rosse. Noi vogliamo ricordare lo statista democristiano cercando di immaginare che cosa sarebbe la storia italiana se qualcuno degli attuali protagonisti della scena politica volesse riprendere i contenuti del suo impegno politico.
Moro, contrariamente a tanti politici che oggi vanno per la maggiore, non ha mai attuato volentieri la strategia del “muro contro muro”. In particolare ammoniva i suoi che, soprattutto nelle fasi di emergenza, bisognava coinvolgere nella conduzione del Paese anche gli avversari politici (allora Il Pci di Enrico Berlinguer). “Immaginate cosa accadrebbe in Italia – disse tra l’altro ai parlamentari dc nel corso della crisi politica di allora (siamo al 28 febbraio 1978, pochi giorni prima del suo rapimento) -, in questo momento storico, se fosse condotta fino in fondo la logica della opposizione, da chiunque essa fosse condotta, da noi o da altri, se questo Paese dalla passionalita’ intensa e dalle strutture fragili, fosse messo ogni giorno alla prova di una opposizione condotta fino in fondo”.
Era il 28 febbraio di 40 anni fa, in una situazione politica complicata come quella di oggi, ma ai giorni nostri, a quanto pare, un Moro non c’e’ o quanto meno non prende posizione per cercare una inclusione – e non un’esclusione – degli avversari politici nella guida del Paese. Oggi in Italia non si alza una voce – o e’ molto flebile – che affermi che i “grillini” non sono i nuovi barbari e che la Lega non e’ un partito di soli razzisti (a questo proposito vale la pena ricordare che a Palazzo Madama, con l’insediamento delle nuove Camere, arriva un senatore di colore eletto tra le fila del Carroccio). Tantomeno c’e’ un Moro che inviti i partiti a cercare piu’ le cose che uniscono che quelle che dividono.
“E’ la nostra flessibilita’- sottolineo” ancora quel lontano 28 febbraio del 1978 -, piu’ che il nostro potere, che ha salvato fin qui la democrazia italiana”.
Queste parole, pronunciate 40 anni fa, sono valide ancora e soprattutto oggi alla luce delle divisioni e dei distinguo che attraversano il M5S, il Centrodestra ed il Centrosinistra, ognuno arroccato sulle proprie posizioni e sui propri programmi, dimostrando lontananza da quella “flessibilita’” invocata da Aldo Moro poco prima di essere rapito e poi assassinato. Piu’ che commemorare lo statista democristiano con parole di circostanze e con corone di fiori, i politici italiani dovrebbero raccogliere i suoi inviti di allora a collaborare per il bene superiore della Nazione e non del proprio partito, semplificando cosi’ le decisioni che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, dovra’ assumere a breve. Aldo Moro ne sarebbe felice perche’ le sue parole non sarebbero andate disperse nel vento.