No di Facebook al “fallo pubblicità” della mostra di Sgarbi

Il social network censura la foto di un pene "artistico" e fa infuriare il famoso critico. Ma il nudo è sempre una forma d'arte accettabile?

Facebook fa infuriare Vittorio Sgarbi. Il popolare social network censura nuovamente un nudo “artistico”, rifiutandosi di pubblicare la foto di una inserzione pubblicitaria di Wilhelm von Gloeden, in mostra al Palazzo Doebbing di Sutri. “Non consentiamo la pubblicazione di inserzioni che contengono immagini di nudo anche se non di natura sessuale”, si legge nel messaggio di rifiuto inviato dallo staff di Facebook.

E dall’ufficio stampa di Sgarbi arriva la replica: “Ancora una volta Facebook non riesce a distinguere tra arte e pornografia“. Secondo quanto si legge nel comunicato, in una delle sale di Palazzo Doebbing, inaugurato la scorsa settimana, Sgarbi ha fatto esporre le foto di nudi di Wilhelm Von Gloeden “in dialogo” con altri nudi dell’artista contemporaneo Roberto Ferri: una sequela di membri di ragazzi siciliani, immortalati assieme ad anfore e costumi ispirati all’antica Grecia.

Chi ha ragione?
Non è la prima volta che gli algoritmi di Facebook e i suoi  “cleaners“, gli addetti alla censura delle immagini ritenute sconvenienti, finiscono nell’occhio del ciclone. A loro difesa, in questo caso, c’è da sottolineare che l’immagine dell’inserzione oscurata ritraeva la fotografia, in primo piano, di un pene maschile. Insomma, non il “massimo” da ammirare soprattutto perché potrebbero vederla dei bambini mentre navigano insieme ai loro genitori o da soli… (noi l’abbiamo censurata)

No ai nudi di Rubens
In passato, invece, il social network è stato capace di bloccare i nudi di Peter Paul Rubens, provocando la sollevazione di un’intera nazione, il Belgio.

Oppure quando oscurò la famosa fotografia che ritraeva la bambina di nove anni, simbolo della guerra del Vietnam.

Ma, allora, perché non oscurare anche gli improponibili selfie nei bagni?
Non si comprende però come, la stessa piattaforma, consenta la pubblicazione di improponibili selfie nei bagni domestici. Saremo retrogradi ma le immagini di signorotte seminude in biancheria intima, fra asciugamani, saponette e water closet alle loro spalle, le troviamo volgari, a prescindere.

Il nudo è sempre arte?
Proviamo a tracciare un sintetico excursus storico-artistico perché, il nudo nell’arte, ha da sempre suscitato polemiche e censure. Fin dal paleolitico l’arte del nudo è stata interprete della società, di significati umani e divini. Ricordate  la venere di Willendorf ? Rinvenuta nel 1908, è una statuetta di 11 cm d’altezza raffigurante una donna nuda, scolpita in pietra calcarea e dipinta con ocra rossa. Indicava prosperità, nascita e creazione e non ha mai sconvolto nessuno. Così come L’Afrodite di Cnidia dello scultore Prassitele (il primo nudo femminile dell’arte Ellenica), non ha mai sollevato alcuna indignazione o perplessità. Questo perché erano espressioni di come il corpo umano e quello divino fossero la medesima cosa. Poi, il cristianesimo, scindendo i due aspetti, complicò un po’ tutto e le uniche nudità tollerabili erano quelle del Cristo e di Eva.

Nel Medioevo, invece, come spiega l’artista Lucia Ferrara (vi consigliamo di visionare il suo blog “dnheart“), “la rappresentazione della nudità in genere, senza distinzione di sesso, era ritenuta inaccettabile. Il nudo venne riscoperto, nella sua bellezza, nel Rinascimento grazie alle tele  di Giorgione, Michelangelo, Tiziano e Canova.

Nel cinquecento il nudo assume una componente erotica, in principio appena accennata come nella Venere del Botticelli e poi, via via, diventa sempre più spinta. Fino ad allora il corpo femminile nudo in atteggiamenti sensuali e provocanti era tollerato, se rappresentava l’allegoria di qualcosa o era la rappresentazione di episodi mitologici .

Il novecento – prosegue la Ferrara – è il secolo nel quale si moltiplicano i mezzi artistici di espressione: cinema, fotografia, web, photoshop e il confine tra nudo artistico, erotismo e pornografia si fa sempre più sottile. Molti artisti giocano proprio su questo limite, soprattutto nella fotografia! Oggi, nel ventunesimo secolo, il nudo è diventato così accessibile e quotidiano da essere proposto anche nelle trasmissioni televisive.

Se un tempo esso aveva ragione di ‘significare’ e ‘simbolizzare’, oggi assume il significato di solo involucro, scatola, puro rivestimento atto a desacralizzare la vera natura del corpo umano, rendendolo decadente come il tempo che stiamo vivendo. Il nudo contemporaneo si adegua a canoni estetici prestabiliti, attraverso un corpo ci si classifica e identifica nella massa ‘perfetta’. Mi denudo perché non c’è più altro che la sola carne da mostrare!

Quindi, oramai, dove comincia e dove finisce la veste e il velo e dove la pelle, la carne e l’arte?”.
Una diatriba che non conoscerà mai un’interpretazione univoca e conclusiva perché, la capacità critica, è sempre condizionata dalla “cultura” del tempo.

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