Una sessantina di persone, tanti militanti del Partito Democratico e molte facce note della sinistra romana, da Marco Miccoli a Gianluca Peciola passando per gli ex minisindaci Daniele Torquati ed Emiliano Sciascia. S’è svolto ieri pomeriggio all’Esquilino l’assemblea di Mejo de NO, il comitato che si oppone alla liberalizzazione del trasporto pubblico di Roma.
Una sfida tutta interna alla coalizione di centrosinistra che si è presentata unita alle scorse elezioni, da una parte i Radicali Italiani di Riccardo Magi – grandi sostenitori del ‘sì’ – dall’altra la base dem che non vuole lasciare nelle mani dei privati un bene pubblico “perché gli utili verrebbero privatizzati e le perdite collettivizzate”.
Il problema di fondo – sostiene Mejo de NO – è infrastrutturale e risiede nel fatto che “
rispetto a Milano, Roma ha una rete di metropolitana ed una rete tranviaria molto più piccole, questo significa che la maggioranza del servizio viene erogata con autobus”.
Un servizio pubblico redditizio, in sintesi, non si genera continuando a comprare bus ma implementando le metro, per esempio. Redditività che, in un servizio pubblico di trasporti che si rispetti, significa reinvestire gli utili in quei servizi meno redditizi che servono l’utenza.
Il modello sarebbe un’ATM milanese che trae i propri ricavi dalla gestione della metropolitana di Copenaghen e non la liberalizzazione immaginata dal ‘sì’ che potrebbe mettere il servizio nelle mani di aziende pubbliche di altri Paesi, tipo la RATP francese.
Sono intervenuti, tra gli altri, Francesco Di Giovanni, Riccardo Pagano e Carlo Tortorelli di Trenino Blu, vecchia conoscenza di Radiocolonna che ha raccontato la sua esperienza sul 721, gestita dai privati di Roma Tpl e prova vivente che mettere il servizio pubblico in mani private non sia sempre un bene.
“Da maggio dell’anno scorso il servizio del 721 è stato dimezzato perché il privato non è stato in grado di seguire la manutenzione dei propri mezzi – racconta Tortorelli – con una rete diseconomica e un privato che non ha interesse a erogare un servizio di qualità, liberalizzare non risulta conveniente.”
L’obiettivo, arduo, è riuscire a spiegare all’elettorato la necessità di lasciare Atac pubblica. La sfida di Mejo de NO ha tra gli aspetti più insidiosi proprio quello comunicativo: la cittadinanza che vede un trasporto pubblico allo sbando e potrebbe fraintendere il messaggio dei promotori del ‘no’. A suo sostengo è nato anche un altro comitato, diverso da Mejo de NO, organizzato da un pezzo di LeU, da Potere al Popolo e da altre personalità tra cui l’ex assessore all’Urbanistica della Raggi Paolo Berdini.
La partita è complessa ed è concentrata in pochi mesi. Il convitato di pietra è proprio lei, Virginia Raggi, da sempre in prima linea per il ‘no’ e che potrebbe ottenere i dividendi di una battaglia portata avanti dai suoi avversari. Un’eventualità che Mejo de NO vede come fumo negli occhi.