RIFORMA MADIA:arriva la tagliola, ma il Campidoglio rischia poco

Il grosso delle partecipate rientra nei criteri. E qualcuna è pure in utile

 

Arriva la stretta sulle partecipate. Poco più di una settimana e il testo della cosiddetta riforma Madia, con cui il governo mira a disboscare la giungla delle partecipate, diventerà legge. E così circa il 40% delle società partecipate chiuderà i battenti. Con i paletti imposti dal governo, il dlgs Partecipate lascerà in vita solo le società per azioni e quelle a responsabilità limitata (spa e srl). Tutte le altre, tante, dovranno essere liquidate o chiuse. Quale sarà la sorte per le 27 partecipate di Roma capitale? Quali finiranno nella ‘tagliola’ della legge Madia?

In primis chiuderanno tutte quelle spa che hanno più amministratori che dipendenti. Una su dieci. Ma la tagliola delle società partecipate dallo Stato e dagli enti locali non si ferma a questi due criteri: saranno dismesse quelle società che, in tre anni, non abbiano raggiunto un fatturato medio di almeno un milione di euro. Chi è sotto sparisce, chi è sopra si salva. Esclusi i servizi “di interesse generale” (trasporti, idrico, energia, rifiuti, ecc), la riforma chiede di cancellare le società che hanno chiuso in perdita 4 degli ultimi 5 bilanci: il Parlamento aveva chiesto di escludere le perdite inferiori al 5% del fatturato, ma il Consiglio dei ministri ha deciso per lo stralcio. Sempre nell’ultima versione viene previsto che i manager delle partecipate non potranno ricevere nessun premio se le spa hanno chiuso i bilancio in rosso. E nella capitale non sono poche.

Leggendo però i bilanci delle partecipate capitoline emerge un quadro della situazione meno tragico del previsto: perchè in realtà non sono molte le società in mano al Comune di Roma o partecipate da esso (in tutto quasi 27) che potrebbero finire sotto la scure di Palazzo Chigi. Per due ragioni. La prima è che di “scatole vuote”, cioè società con pochi dipendenti e prive di mission specifica, quasi non ce ne sono. L’altra è che quasi tutte hanno fatturati sopra il milione.

Tanto per cominciare dal computo vanno escluse Atac e Ama, perché considerate di pubblico interesse. Da escludere anche Eur spa che, nonostante gli ultimi bilanci in negativo, (solo l’ultimo si è chiuso in attivo anche grazie al piano cessioni), è stata inserita in una sorta di golden list in cui figurano tra le altre, Expo, Invimit Anas e Gse e Roma Convention Group. Stessa storia per Zètema, visto che la spa della cultura ha chiuso il consuntivo 2015 con un utile di 81 mila euro e comunque con un fatturato di oltre 50 milioni. Messa decisamente peggio è Risorse per Roma, dal cui ultimo bilancio disponibile, quello del 2014, emerge una perdita di quasi un milione compensata però da un fatturato di 40 milioni. Dunque, anche in questo caso, la società dovrebbe essere salva. A rischiare rimangono semmai Investimenti (Fiera di Roma), partecipata dal comune al 21,7% che più che per la riforma (perdite di 31 milioni nel 2013), potrebbe più semplicemente fallire a causa dell’elevato indebitamento e Roma Metropolitane che, dopo il disastro della Metro C potrebbe chiudere i battenti per stessa mano del comune. Persino Fondazione Digitale, l’ente per la promozione della cultura tecnologica potrebbe salvarsi: l’ultimo bilancio (2015) risulta in utile per 15 mila euro. Salve poi, sempre in virtù dei criteri della riforma, anche Fondazione Bioparco (utile 2015 a 140 mila euro) e Palaexpo (4 mila euro di attivo).

La tagliola  del governo, non sembra comunque agitare più di tanto il Comune di Roma impegnato in questi giorni, dicono i ben informati, nell’operazione assestamento di bilancio. “Gli assessori competenti stanno lavorando a questo, per parlare di partecipate è quindi presto” è il messaggio arrivato da dentro il Campidoglio. (Giusy Iorlano e Gianluca Zapponini) 

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