Roma brucia: di chi sono le colpe?

130 interventi dei vigili del fuoco negli ultimi tre giorni

Guasti, rabbia, incidenti, piromani e la lunga mano della criminalità organizzata. Sembrerebbero questi, a una prima indagine, i responsabili della catena di incendi che sta paralizzando Roma e il Lazio da una settimana a questa parte. 130 interventi dei vigili del fuoco – che lamentano carenze sistemiche di organico – negli ultimi tre giorni. Il Lazio divenuto un enorme falò che ottiene il poco invidiabile primato di regione più colpita dai roghi. Le arterie stradali paralizzate. I sospetti che si fanno certezze. Ma che cosa sta succedendo nella Capitale?

 

La settimana che si è appena conclusa ha visto cinque roghi sulla Pontina. Sabato un nuovo incendio ha bloccato il traffico – che era stato riaperto da un’ora – in entrambi i sensi di marcia. Un nuovo disastro, questa volta al chilometro 38, all’altezza di Ardea. Ne abbiamo già parlato, le ipotesi da vagliare sono due, e in entrambi i casi non c’è molto da stare allegri. Si tratta di piromani che deliberatamente scelgono di dare alle fiamme un tratto di strada che collega Roma sud al mare e che ogni giorno viene percorso da decine di migliaia di pendolari? Oppure c’è davvero la “malavita organizzata”, che vuole riuscire a mettere le mani sul progetto dell’autostrada e delle complanari e che sta facendo capire che senza il suo supporto l’opera “non s’ha da fare”?

 

Pochi chilometri più in là ed ecco Ostia, dove la raccolta dei rifiuti umidi procede a rilento. Il caldo non aiuta e i cassonetti sono diventati la sede ideale per ripugnanti brodi di coltura, in cui i topi e gli scarafaggi banchettano felici. Per questo i residenti, ormai stremati, hanno iniziato a dare fuoco ai cassonetti, in una sorta di rito purificatore che però non solo è fuorilegge, ma rischia di compromettere anche la salute pubblica. Se i residui alimentari, infatti, anche se dati alle fiamme non producono esalazioni velenose, si può dire lo stesso di altri cassonetti incendiati tra Ostia e l’Appia che contenevano gli scarti indifferenziati? Chi assicura che dentro i contenitori non siano stati messi anche dei rifiuti pericolosi, che dati alle fiamme potrebbero produrre fumi nocivi? Perché se è vero che Ama sta offrendo un servizio quantomeno scadente, lo è altrettanto che il senso civico della cittadinanza romana è ai minimi storici, e non è inusuale vedere rifiuti anche di grandi dimensioni abbandonati agli angoli delle strade. Negli ultimi giorni sono stati dati alle fiamme 40 cassonetti, portando il saldo dall’inizio dell’anno a 260 contenitori in cenere.

 

Da catalogare ancora nel gruppo dei “misteri” l’incendio di dieci pali telefonici a Capalbio. Che non sarà nel Lazio, ma che è meta elettiva di molti romani. La scorsa settimana un rogo ha bloccato la circolazione ricoprendo di una densa coltre di fumo le strade circostanti ai pali dati alle fiamme. E, come dicevamo prima, non è certo un’esalazione piacevole per i nostri polmoni. Credere al fenomeno dell’autocombustione, con temperature di poco superiori ai 30°, sarebbe quantomeno assurdo. Certo, se Capalbio si trovasse su Venere…

 

Nell’insieme degli incidenti, degli sfortunati eventi, delle “sfighe” va invece fatto rientrare il rogo che ha distrutto un autobus di linea Atac venerdì sulla tangenziale. Anche lì, neanche a dirlo, circolazione paralizzata e fumo – decisamente poco salubre – che si poteva vedere a chilometri di distanza. Il problema, semmai, è capire per quale motivo un mezzo di trasporto prenda fuoco. Scarsa manutenzione? Una serie di sfortunati eventi? Guasto al motore? Sta di fatto che l’Atac, già nell’occhio del ciclone, ha dovuto correre rapidamente ai ripari per impedire di paralizzare – ancora una volta – la zona est della città.

 

Infine, una notizia che non farà piacere ai residenti di Roma e dei Castelli, anche se con ogni probabilità non li riguarderà da vicino. Uno studio multidisciplinare, “Assessing the volcanic hazard for Rome: 40Ar/39Ar and In-SAR constraints on the most recent eruptive activity and present-day uplift at Colli Albani Volcanic District”, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Geologiche – “Sapienza” Università di Roma, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), e Laboratorio di Geocronologia dell’Università di Madison, ha permesso di ricostruire la storia delle eruzioni avvenute da 600.000 anni fa a oggi nel distretto vulcanico dei Colli Albani, assieme a quella delle deformazioni della crosta terrestre che hanno accompagnato nel tempo la sua evoluzione. Ebbene, il risultato è che pare che i Colli Albani siano “seduti” su un gigantesco vulcano che ha ripreso ad alimentare le camere magmatiche. Risultato? Nel prossimo millennio potrebbe esserci una spaventosa eruzione. Già oggi, infatti, la terra si solleva di due o tre millimetri all’anno. Non resta che incrociare le dita… (Marco Scotti)

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