Il Presidente della Repubblica non parla di Roma, anche se il suo vistoso declino lo affligge. Tanto più che da anni la caduta della Capitale sembra irrefrenabile. Sia sul piano istituzionale – vedi condanna a sei anni dell’ex sindaco Gianni Alemanno – sia riguardo ai servizi: dai trasporti, allo smaltimento dei rifiuti, al decoro urbano, alla trascuratezza del verde e degli alberi.
La situazione è però diventata così delicata per l’Amministrazione pentastellata, da scoraggiare il pur minimo accenno, certamente costruttivo, ma che esporrebbe a facili strumentalizzazioni a favore o contro la sindaca Virginia Raggi.
Tuttavia gli interventi del Presidente, e soprattutto i due ultimi, particolarmente significativi perché ispirati e davanti ai giovani, presso l’Università di Viterbo e la Iulm di Milano, indicano quale sia l’origine di ogni degrado, a partire dall’irresponsabilità verso la tutela del territorio, alla incapacità di progettare il futuro, restando quindi prigionieri del presente.
Ma anche il presente, secondo Mattarella, non siamo capaci di coglierlo nei suoi aspetti positivi, soprattutto guardando all’Europa. Certamente il vecchio continente è rimasto imbrigliato da regole e regolamenti incapaci di stare al passo coitempi. Tuttavia al suo interno è cresciuto un tesoro che non apprezziamo mai abbastanza. Ossia la progressiva e inarrestabile intensificazione degli scambi commercialidivenuti con la globalizzazione indispensabiliper la crescita delle imprese. Basti pensare, ed è solo un esempio fra tantissimi, a un’auto assemblata in uno stabilimento in Polonia con pezzi di motore prodotti in Germania e freni in Italia.
L’idea di Europa, sopravvive, ma appartiene al passato, ora c’è una realtà europea che la politicanon ha ancora imparato a tenere sufficientemente in considerazione. Soprattutto quando insiste in valutazioni e scelte sulla base di dati macroeconomici asettici, ma sempre più incomprensibili, per le aziende e i cittadini.
Infatti entrambi sono molto delusi dalleistituzioni. Da un lato non le percepiscono più capaci di salvaguardare e operare nell’interesse della comunità, dall’altro le considerano ripiegate sulla conservazione dei loro privilegi. Mentre la cosiddetta nuova politica sembra persino orientata ad accrescere il loro potere, attraverso confusi progetti di statalizzazioni.
Da qui il vigoroso richiamo del Capo dello Stato davanti ai giovani che sono la realtà del nostro futuro. E la politica lo deve affrontare con altrettanto senso di realtà e la capacità di progettare a medio e lungo termine. Tanto più necessaria in un’epoca come la nostra dove la ricchezza di un Paese dipende dalla tecnologia, più che dalle riserve auree.