Roma, il 52,7% dei negozianti si sente insicuro

Ricerca Confcommercio, percezione peggiorata negli ultimi 2 anni

La sicurezza è un elemento fondamentale dell’economia e i commercianti della Capitale non si sentono sicuri. La percezione è che la situazione sia peggiorata negli ultimi due anni e che vi sia un’insufficiente copertura da parte delle forze dell’ordine sul territorio. E’ quanto rileva il rapporto elaborato da Confcommercio Roma che ha inviato a circa 5000 imprese del commercio e del turismo un questionario da restituire in forma anonima. Su 400 negozianti che hanno risposto al sondaggio, relizzato dall’Istituto di Ricerca specializzato Format Research, il 52,7% ha dichiarato che i livelli di sicurezza per la propria attività sono peggiorati nel corso degli ultimi 2 anni, il 41,3% non segnala alcun cambiamento mentre per il 5,4% i livelli di sicurezza per la propria impresa sono migliorati.

La ricerca, presentata dal presidente di Confcommercio Roma Rosario Cerra alla presenza del Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, nell’ambito della giornata organizzata dalla Confederazione sulla legalità, mostra come l’idea del peggioramento dei livelli di sicurezza per la propria attività prevalgono tra alberghi, tabaccai e imprese dell’ingrosso alimentare. Il 66,4% delle imprese ha visto aumentare i furti, il 55% le rapine, il 28,9% i fenomeni di usura e il 26,6% le estorsioni. Per quanto l’86% delle imprese intervistate ha dichiarato di non avere “mai” ricevuto minacce o intimidazioni per finalità di estorsione, il 9,6% ha dichiarato di averne personalmente ricevute una o più volte.

Le categorie merceologiche presso le quali prevalgono coloro che hanno ricevuto minacce sono state quelle dei bar, dei ristoranti, dei tabaccai, dei negozi di abbigliamento, delle imprese dell’ingrosso alimentare. Il 50% di costoro ha dichiarato di avere subito dei danneggiamenti, il 46,3% pressioni “psicologiche”, il 7,4% un qualche genere di violenza alle persone o altre forme di intimidazione. Minacce e intimidazioni sono state perpetrate nella maggior parte dei casi, secondo le dichiarazioni delle imprese, da parte di “delinquenti comuni” e più raramente da parte della “criminalità organizzata”. Il 60% circa delle imprese tra quelle minacciate o intimidite hanno reagito respingendo le richieste estorsive, mentre il 13,0% ha dichiarato di aver “ceduto” in qualche modo. La restante percentuale delle imprese non si è espressa al riguardo.

Secondo il rapporto, l’88,1% delle imprese ha affermato di non essersi mai rivolta agli usurai. Le imprese che si sono rivolte all’usura hanno pagato interessi mensili fino al 40%. Il 60% delle imprese che hanno risposto al questionario ha assunto un qualche genere di misura contro il racket (telecamere, assicurazioni, etc). Secondo il 62,3% del campione un maggiore presidio del territorio da parte dello Stato costituirebbe l’iniziativa in assoluto più efficace a protezione di coloro che sul territorio lavorano, ossia delle imprese. Poco meno di un terzo delle imprese rilevate fa riferimento al cosiddetto “poliziotto di quartiere”, il 50% circa delle imprese invoca la “certezza della pena” come deterrente credibile nei confronti di coloro che intendono commettere reati. (g.c.)

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