In un anno la Caritas di Roma ha dato ascolto a 21.149 persone in stato di bisogno attraverso la sua rete di 50 opere-segno e i suoi 145 centri di ascolto. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’ente diocesano, pubblicato oggi. Dati che arrivano il giorno dopo la decisione della sindaca di lasciare proprio alla Caritas le monetine della Fontana di Trevi. Insomma, una città che conosce sempre più il dramma della povertà.
La condizione romana riflette la situazione italiana, caratterizzata da una profonda disuguaglianza sociale, fortemente percepita dalla popolazione. Secondo un’indagine dell’Oxfam Italia del 2017, il 61 % degli italiani ritiene che le diseguaglianze siano nettamente cresciute negli ultimi anni.
Il rapporto ha numero eloquenti: A Roma il reddito individuale imponibile medio si distribuisce in maniera profondamente diseguale: si va dai 40.530 euro del II Municipio ai 17.053 euro del VI Municipio (dunque meno della metà rispetto al primo municipio in classifica). Nel complesso meno del 2% (1,8) denuncia un reddito di oltre 100.000 euro l’anno, mentre il 51,3% possiede un reddito fino a 15.000. euro. La città impoverisce e invecchia a vista d’occhio: in ogni municipio, si registrano circa 10.000 persone over 65 che non raggiungono il reddito di 11.000 euro, per un totale complessivo di 146.941 abitanti: un’intera grande città fatta di anziani che vivono di stenti dentro una grande metropoli contemporanea.
Sta aumentando il disagio delle famiglie apparentemente “normali”. Sono aumentate in 10 anni del 47,8 % le famiglie con un solo occupato e senza ritirati dal lavoro (dove manca perciò l’ammortizzatore sociale della pensione di un nonno o di una nonna). E sono 92.790 le famiglie di senza occupati, senza ritirati dal lavoro e con almeno un elemento disponibile al lavoro. L’ufficio statistico di Roma Capitale stima ad oltre 125.000 i nuclei familiari con minori e un reddito sotto i 25.000 euro con punte nel V (12.162), nel VI (16.729) e nel X municipio (11.367).
Per i giovani sono tempi difficilissimi: la disoccupazione è aumentata visibilmente per tutte le fasce d’età di circa 10 punti percentuali; praticamente un quarto dei giovani romani (18-29 anni) risulta disoccupato.
La maggior parte dei romani (15.046 nell’ultimo anno) si rivolge ai Centri d’ascolto diocesani (Cda), ma anche i centri attivi presso le parrocchie raccolgono il malessere di migliaia di persone: nel corso dell‘ultimo anno diverse migliaia di persone (per la precisione 6.103). Ai centri parrocchiali si rivolgono maggiormente donne, mentre in quelli diocesani sono prevalentemente uomini. Nei centri diocesani quasi il 60 % degli utenti sono extraUE, mentre nei centri parrocchiali oltre il 50 % sono cittadini italiani. Sono prevalenti giovani immigrati nei centri diocesani, per lo più africani; nelle parrocchie invece la maggior percentuale di utenti presenta un’età maggiore di 45 anni e sono di nazionalità italiana.
Tra le persone che si rivolgono ai Cda della Caritas vanno crescendo quelle che si trovano in affanno per la gestione della questione abitativa. In effetti Roma è una delle città più care per gli affitti, viene subito dopo Milano con un affitto medio pari a 823 euro (un monolocale 581, un bilocale 738, un trilocale 897, un quadrilocale 1.075). A queste valutazioni si aggiungono poi i picchi per zona. Sono cifre impossibili se si considera che lo stipendio medio mensile è calcolato intorno ai 1.474 euro. Ma quasi il 30 % degli over 65 dichiara un reddito inferiore a 11.000 euro. Ben si comprende come la situazione possa diventare insostenibile. Lo stesso dicasi per le famiglie con minori e con reddito sotto i 25.000 euro (a Roma 125.577), particolarmente numerose nel V, nel VI, nel VII e nel X municipio.
Presso i Cda arrivano persone che solo nel 21,4 % godono di un reddito vero e proprio; gli altri vivono di aiuti di familiari e di amici (17 %), contributi pubblici (15,4 %), assegni di aiuto (13,8) risparmi personali/familiari, assegni di mantenimento (10,9 %) o nessun reddito (15,3 %). E’ il nuovo volto della povertà.
Si rivolgono ai Cda parrocchiali il 34,4% a seguito di una separazione familiare, il 32% a seguito di lutti, il 22,7% a seguito di conflitti in famiglia, il 10,9% per l’abbandono da parte del coniuge. Dunque le motivazioni connesse a criticità nella famiglia (abbandoni, violenze, separazioni) nel complesso raggiungono percentuali altissime. È molto alta tra questi utenti la bassa scolarizzazione: tale esiguità del capitale formativo familiare porta a cascata all’evasione scolastica dei figli, a non proseguire negli studi o nel training di formazione professionale.
La crescita delle separazioni e dei divorzi, amplificata dalla recente normativa sul divorzio breve, riflette a livello nazionale il fenomeno che si riscontra nei centri d’ascolto della Caritas (i divorzi a livello nazionale sono raddoppiati in 10 anni).
Sembra che la famiglia stia perdendo la sua resilienza rispetto al cambiamento sociale, centrato sull’aumento della povertà, cambiamento tangibile.