Uno strumento fondamentale di perequazione rispetto al costo della vita, troppe volte distribuito a pioggia e senza criteri ragionevoli.
A Radiocolonna Fabrizio Panecaldo – combattivo ex capogruppo del PD in Campidoglio – ha le idee chiare su come risolvere l’impasse che riguarda la retribuzione di oltre 23mila dipendenti del Comune di Roma. Nel dibattito pubblico capitolino l’attenzione di questi giorni è rivolta alla questione del salario accessorio, la dotazione extra nelle buste paga dei dipendenti comunali al centro – da anni – di feroci polemiche. Una vicenda che necessita di una risoluzione rapida per scongiurare la mancata erogazione della parte ‘variabile’ del salario accessorio ritenuta illegittima dalla Ragioneria dello Stato. Panecaldo è convinto che la soluzione momentanea, suggerita dal MEF e in linea con le altre città italiane, sia quella di alzare la parte fissa e abbassare quella variabile, vero pomo della discordia. E che in generale si debba ripensare al ruolo di Roma e dei suoi dipendenti nel calderone del pubblico impiego nazionale. “Roma è un città particolare con istanze ed esigenze diverse da qualsiasi altra città in Italia – ha dichiarato l’ex capogruppo – un esempio su tutti: il ruolo dei vigili urbani che, tra manifestazioni ed eventi straordinari, si trovano a svolgere mansioni diverse da quelle dei colleghi in altri comuni”. Secondo Panecaldo deve finire la narrazione “viva in certi ambienti della politica” dove Roma viene descritta come l’apogeo di privilegi e favori amministrativi. “Il Salva Roma è l’esempio di come la Capitale spesso subisca un trattamento peggiore rispetto ad altre realtà – ha proseguito – una manovra che ha salvato tutti tranne Roma, che ha dovuto pagare i deficit prodotti da Alemanno con l’IRPEF dei contribuenti romani”. Parole di elogio verso il deputato PD Marco Causi – vicesindaco durante il tardo impero di Ignazio Marino – che ha presentato due emendamenti in cui si propone di perequare la parte fissa del salario e creare una normativa specifica sul pubblico impiego capitolino. “Sono nove anni che il contratto del pubblico impiego non è aggiornato al costo della vita – ha affermato l’esponente dem – o si adegua oppure il salario accessorio diventa uno strumento di sopravvivenza”. Panecaldo ritiene sia giunto il momento, per la politica, di prendersi le proprie responsabilità e impedire che l’opinione pubblica getti la croce contro chi lotta per una giusta causa.
“Per far comprendere alla cittadinanza le proprie battaglie i sindacati e i dipendenti dovrebbero fare uno scatto culturale – ha concluso Panecaldo – basta con il binomio ‘protesta-disagio’ per l’utenza. Si può fare attività sindacale anche durante l’orario di lavoro”. (Giacomo Di Stefano)