Smog, perdite milionarie e debiti: alla radice dell'emergenza

Ecco l'annus horribilis del trasporto romano, tra gare deserte e lavori infiniti

L’emergenza smog di questi giorni a Roma ha radici lontane. Che affondano in una catena di eventi nefasti che hanno reso il 2015 prossimo alla conclusione un anno davvero nero per il trasporto pubblico della Capitale. Come al solito, tutto riconduce ai soldi e anche l’inquinamento alle stelle ne è una diretta conseguenza. Perchè se è vera l’equazione miglior trasporto uguale minore inquinamento, come del resto accade in quasi tutte le metropoli europee, soprattutto tedesche, allora è anche vero il contrario.E cioè, con un sistema di trasporti al collasso, qualcuno sarà costretto a prendere la macchina per andare al lavoro, con buona pace delle polveri sottili.

Due, su tutti, i buchi neri che hanno inghiottito la mobilità romana nel corso di questo 2015. Innanzitutto, l’Atac. Che la municipalizzata dei trasporti viva sempre con un piede nella fossa (1,2 miliardi le perdite accumulate tra il 2006 e il 2013, 370 milioni solo nel biennio 2011-2013) non è un mistero. Il punto è che tale situazione si è ripercossa negativamente sull’intera infrastruttura del trasporto di superficie romano. E così, a settembre, è sfumata l’importante gara pubblica per accaparrarsi 700 nuovi autobus, che avrebbero dato manforte al parco mezzi. Il motivo? Semplice. E’ bastato uno sguardo ai bilanci in profondo rosso per scoraggiare il più coraggioso dei fornitori a vendere dei mezzi a un’azienda che avrebbe potuto o meno onorare l’impegno. Il bando, prorogato già due volte nel corso dell’anno, è quindi andato deserto anche a settembre. Peccato, perchè 700 bus nuovi di zecca sarebbero stati parecchio utili ai residenti romani, vista anche la scarsa affluenza di pellegrini per il Giubileo. Adesso, pare, bisognerà accontentarsi di un centinaio di bus in arrivo a febbraio, quando però l’annus horribilis de trasporto romano sarà finito da un pezzo.

Andando nel sottosuolo le cose non migliorano, anzi, se possibile peggiorano. Perchè a pochi giorni dal Natale è attivata un’altra mazzata per chi ancora crede nel trasporto pubblico a Roma. La metro C, progetto ambizioso e per questo divenuto presto una Odissea, si è fermato ancora una volta, dopo lo stop dell’estate 2013. Lavori bloccati e circa 500 operai a casa. Anche in questo caso alla radice dello stop c’è un problema finanziario, che coinvolge direttamente l’amministrazione capitolina. La decisione di fermare i lavori è stata presa dalle aziende che formano il consorzio Metro C, ovvero Vianini Lavori (Gruppo Caltagirone), Astaldi, AnsaldoBreda (Finmeccanica), Ccc e Cmb, in polemica con Governo, Regione Lazio e Comune di Roma. Il consorzio nelle scorse settimane ha infatti presentato istanza di risarcimento al Tribunale Civile di Roma per importo di 385 milioni di euro, di cui 200 milioni sono crediti certi ed esigibili, in cui rientrano i servizi per la manutenzione e la vigilanza. Se quindi il Comune non rimborserà l’intero importo, le aziende non proseguiranno i lavori, lasciando il tratto San Giovanni – Colosseo incompiuto. Tutto qui? Non proprio.

Prima della gara deserta sugli autobus e della doccia fredda della Metro C, c’era stata la lunga estate degli scioperi “bianchi”, con corse saltate e passeggeri lasciati sulle banchine per protesta contro la gestione dell’Atac. Una pratica che aveva spinto il garante per gli sciperi a chiedere una nuova legge. Adesso non c’è che sperare in un 2016 migliore, con più mezzi pubblici e meno auto. (Gianluca Zapponini) 

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