Spostamenti tra regioni dal 3 giugno (forse): ecco a quali condizioni

Roma teme l'apertura totale, 'si decida sui numeri'

(immagine di repertorio)

Il 3 giugno scade il termine dell’attuale provvedimento su scala nazionale che non consente gli spostamenti tra regioni diverse a causa dell’emergenza coronavirus. Ora l’esecutivo sta valutando come procedere e sarebbero due le ipotesi al momento sul tavolo, che il governo dovrebbe sottoporre ai governatori nella conferenza convocata per sabato 30 maggio. Secondo il Corriere della Sera, i due scenari sono il consentire spostamenti liberi tra le regioni dal 3 giugno oppure rinviare di una settimana dell’entrata in vigore del decreto per tutti.

Se i dati dovessero essere preoccupanti, l’ipotesi sarebbe quella di rinviare la libera circolazione di una settimana, senza distinzioni tra le Regioni. Questa scelta potrebbe scontentare alcuni governatori ma il governo vuole proseguire sulla linea di dare regole uguali per tutti. Inoltre dal 3 giugno è previsto che si possa arrivare dall’estero senza essere sottoposti ad alcuna misura di sorveglianza, quindi non è contemplata l’ipotesi che ci possa essere un trattamento diverso tra cittadini italiani e turisti in arrivo dall’estero.

Proprio la Capitale teme una possibile riapertura uguale per tutte le regioni e a pochi giorni dalla data fatidica del 3 giugno spetta all’assessore regionale alla Sanita’ Alessio D’Amato, dalle pagine de Il Messaggero, lanciare l’allarme: “ci sono troppe pressioni perche’ riparta il Nord, bisogna basarsi su evidenze scientifiche”. Il timore, detto chiaramente, e’ che dalla Lombardia si riversi una massa di persone nel Lazio, in particolare nella Capitale, impossibile da controllare e tracciare: “voi pensate che, se ci sara’ il via libera agli spostamenti interregionali, tutti i milanesi andranno solo in Sardegna? Sapete quanti treni ci sono ogni giorno tra Roma e Milano? Io spero che ci sia grande scrupolo nel prendere le decisioni, vedo troppe pressioni”, dice l’assessore che ha gestito l’emergenza Covid nella regione guidata da Nicola Zingaretti. Una preoccupazione per una Regione che oggi segna 16 casi con un trend allo 0,2% e che vede la capitale col dato piu’ basso di positivi mai registrato dall’inizio dell’emergenza, appena tre. L’ultimo focolaio rilevato, una Rsa ad Anzio, e’ stato subito isolato e sono partiti i tamponi per ospiti e personale. Il Lazio si e’ attrezzato alla riapertura: sono rimasti operativi 5 hub per il Covid nella Capitale e 4 nelle province, sono partiti i test con oltre 55 mila eseguiti che hanno permesso di individuare positivi asintomatici. E’ stato potenziato il contact tracing anche con i drive e in tutto sono stati fatti 250 mila tamponi. Ora la riapertura piu’ per “pressioni politiche” che per “evidenze scientifiche” potrebbe mettere a dura prova il sistema. Per questo D’Amato non nasconde la preoccupazione. “Si deve decidere sulla base di una serie di indicatori. Se le decisioni saranno prese su riscontri scientifici, non avremo nulla da eccepire. Se invece si cedera’ a delle pressioni di tipo politico, prenderemo delle contromisure. Pressioni sul Comitato tecnico scientifico ci sono e questo rischia di creare irritazione -dice- dal Nord c’e’ una spinta ad aprire, soprattutto da parte di partiti come la Lega. Io non sono contrario per principio: ma per favore, si valuti prima di tutto pensando alla difesa della salute pubblica”. E paventa contromisure. Esclusa la patente di immunita’, caldeggiata dal governatore sardo Solinas ma respinta dal Governo e anche dallo stesso D’Amato (“e’ inammissibile”), si potrebbero potenziare misure di prevenzione e verifica sul modello dei termoscanner gia’ presenti alla stazione Termini. Intanto si attende la decisione del governo. Con una cosa bene in mente: “non vorrei prendere nessuna iniziativa di protezione della nostra regione, ma se ci sono forzature qualcosa deve essere fatto”.

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