Da ormai molti giorni, quotidiani e media in generale dedicano molto spazio agli episodi di corruzione che si sono verificati nel corso dell’iter autorizzativo per la costruzione dello Stadio della Roma a Tor di Valle e che hanno portato ad arresti eccellenti ed al coinvolgimento nella vicenda di partiti, ministri, funzionari di varie amministrazioni, ora al vaglio della magistratura. In queste poche righe non vogliamo parlare della cronaca di questi avvenimenti, ma porre attenzione ad un altro aspetto, ovvero all’influenza esercitata dalla troppa burocrazia negli episodi correttivi.
A nostro giudizio, infatti, a favorire la corruzione sono la lungaggine dei tempi per avere una autorizzazione a costruire e la molteplicita’ di organismi chiamati a dare il via libera. La realizzazione di un progetto, come l’impianto sportivo della AS Roma e opere annesse (supermercati, cinema ed altro), richiede l’impegno di molte risorse economiche, quindi i capitali necessari devono essere disponibili quando si avra’ il sospirato via dalle autorita’ preposte a rilasciarlo. Ora, da quando i promotori dello Stadio hanno presentato lo studio di fattibilita’ delle opere in quel di Tor di Valle (29 maggio 2014), sono trascorsi ben quattro anni ed ancora di posa della prima pietra non se ne parla (e probabilmente, alla luce dell’inchiesta giudiziaria, forse non avverra’ mai, almeno in quel comprensorio). Quattro anni sono un’eternita’ per qualsiasi impresa e imprenditore, soprattutto nella nostra epoca quando in pochi secondi si possono spostare ingenti capitali da un tipo di investimento ad un altro, anche solo per fini speculativi.
Alla lungaggine dei tempo si aggiungono i vari passaggi che la “pratica” deve subire per avere il via libera: Comune, municipio, commissioni consiliari, conferenze dei servizi, Regione, sovrintendenze ai Beni culturali (e abbiamo dimenticato certamente qualcuno). Ognuno di questi organismi ha le sue osservazioni da fare, quindi l’iter burocratico subisce continui “stop and go”, con continue richieste di modifiche al progetto che ogni volta lo fanno tornare al punto di partenza, come il gioco del Monopoli quando peschi un “imprevisto” che ti fa tornare al via o in prigione. In questo contesto, molto facilmente o si rinuncia (il presidente della Roma, James Pallotta, ha piu’ volte fatto intendere che senza lo stadio se ne ritorna in quel di Boston), o – come sembra aver fatto il costruttore Luca Parnasi – si cerca di ungere le ruote, senza alcuna preferenza da questo o quello, tra un partito od un altro (certo si privilegia chi ha piu’ potere decisionale).
Come uscire da questo ginepraio? Come tagliare il piu’ possibile le unghie alla corruzione? Come dimostrano molte vicende degli anni successivi a “mani pulite”, non basta la magistratura, che puo’ intervenire solo a cose fatte, ma bisogna incidere su cio’ che invoglia a corrompere, ovvero enti preposti alle autorizzazioni e tempi. Perche’ non creare un organismo collegiale, con potere decisionale, dove siano presenti tutti gli interessati e fissare un termine (un anno, due) entro il quale dire un si’ o un no definitivo alle opere da realizzare? Certamente la corruzione non sparira’, ma avra’ meno occasioni per esplicare i suoi effetti perversi sui costi e sulle amministrazioni.