Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e restano in carcere i due nomadi accusati dello stupro di due 14enni avvenuto nel maggio scorso a Roma. Le due ragazzine avevano conosciuto uno dei due, Mario Seferovic, 21 anni, su un social network. L’atto istruttorio nel carcere di Regina Coeli è durato pochi minuti. Seferovic resta in cella assieme al complice Maikon Halilovic, 20 anni.
“Non ero lì, sono innocente”, ha detto Halilovic al suo legale Emanuele Fierimonte prima dell’interrogatorio.
“Siamo in presenza di un atto “feroce” e “premeditato” in cui le due ragazzine sono state anche minacciate di morte. Un incubo durato un’ora. E’ quanto emerge dall’ordinanza di custodia emessa dal gip Costantino De Robbio.
Per il gip, “lo stupro è stato compiuto con estrema freddezza e determinazione unite ad un’assoluta mancanza di scrupoli e a una non comune ferocia verso le vittime”. Nel provvedimento di sei pagine il giudice scrive che “il carcere è l’unica misura idonea per impedire il pericolo di inquinamento probatorio viste le minacce di morte rivolte alle minori” perché non rivelassero lo stupro”. Seferovic, inoltre, ha contattato “la madre di una delle ragazze, forse anche per appurare se le vittime avessero rispettato la consegna del silenzio”. Dalle carte emerge, inoltre, che il 2 agosto scorso è stato svolto un incidente probatorio durante il quale le due vittime “hanno ricostruito in maniera non contraddittoria lo stupro e hanno dato particolari utili per l’identificazione del complice di Seferovic da entrambe indicate con il nome di Cristian”.
I fatti sono accaduti a maggio quando la ragazzina decide di incontrare il 21enne che su Facebook aveva adottato il nickname “Alessio il sinto”. All’appuntamento, fissato nel tardo pomeriggio in un luogo isolato vicino a un boschetto, al Collatino, la ragazza si presenta con un’amica. Il 21enne avrebbe abusato di entrambe mentre l’altro arrestato faceva da palo all’inizio del vicolo cieco. Sono gli stessi aggressori a “liberarle” minacciandole di non raccontare niente a nessuno. Solo un mese dopo una delle due 14enni dice tutto ai genitori che hanno presentato denuncia ai carabinieri facendo scattare le indagini.
“La scelta del luogo è un primo, importante elemento che dimostra la premeditazione del delitto, così come l’utilizzo delle manette che il reo aveva portato con sé con l’inequivocabile intento di farne uso per legare le vittime ed impedire loro di fuggire durante lo stupro programmato”, scrive il gip Costantino De Robbio. Per il giudice: “Il ricorso a un complice demandato a sorvegliare l’accesso al vicolo per consentire la violenza carnale senza timore di essere interrotti” ed aumentare la paura nelle vittime “aggrava ulteriormente un fatto già di per sé estremamente allarmante”.
“Violenza sulle due ragazze atto orribile. Da donna e mamma scossa nell’animo. Sono vicina alle vittime e alle loro famiglie”. Lo ha twittato la sindaca di Roma Virginia Raggi, impegnata nel Viaggio della Memoria ad Auschwitz.