Terremoto, “Casa Italia” anche per evitare crolli a Roma

Parla Carla Cappiello, Presidente dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia

I quartieri sud di Roma sono di più a rischio terremoto. Questo almeno dice la mappa elaborata dall’Enea. Gli edifici più deboli quelli tra il dopoguerra e il ’70. E allora che cosa si può fare anche in vista di “Casa Italia”, il piano che il governo sta mettendo a punto per mettere in sicurezza il territorio? Ieri la presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, Carla Cappiello, ci ha detto quali controlli fare sulla propria casa. Oggi Cappiello, nella seconda parte della nostra intervista afferma che “bisognerebbe puntare ad avere degli incentivi mirati a prevenire le situazioni di maggiore pericolo, di cui Amatrice e Arquata del Tronto sono gli ultimi tristi esempi in un’Italia ad alto rischio sismico. La leva  fiscale fino al momento adottata dal Governo non è sufficiente”.

 

Perché?

Le ultime leggi di stabilità hanno previsto l’eco bonus, una detrazione Irpef che permette di recuperare in dieci anni il 65% di quanto speso non solo in opere di riqualificazione energetica, ma anche in lavori di adeguamento strutturale nelle zone ad alta pericolosità sismica. Ma mentre un lavoro di efficientamento energetico dà al proprietario di un immobile un risparmio immediato visibile in bolletta, per quanto riguarda i lavori di adeguamento antisismico i vantaggi ci sono solo nel momento in cui ci dovesse essere un terremoto e per di più sono destinati solo alle prime case e agli immobili produttivi.

 

Dunque?

“Il Piano Casa Italia, dovrebbe introdurre più agevolazioni. Ad esempio si potrebbe ipotizzare che le detrazioni fiscali vengano date a coloro che contemporaneamente eseguono opere di adeguamento energetico e antisismico su tutto il territorio nazionale e anche sulle seconde case. Aiuti ai cittadini servirebbero anche a Roma, dove diversi fabbricati sarebbero da controllare e nel caso mettere in sicurezza. Infatti, la classificazione sismica a Roma, sebbene la Capitale risulti a medio basso rischio, è arrivata solo agli inizi degli anni 2000”.

 

Per quanto riguarda Roma, lei ha detto che molto dipende dalla qualità dei materiali con cui sono stati costruiti gli edifici. Ma ci sono quartieri più a rischio? Quali sono i segnali inequivocabili di un cedimento dell’edificio?

Purtroppo, in Italia  e di conseguenza anche a Roma, non esiste una corretta informazione tecnica sui fabbricati e non è possibile individuare “a occhio” delle macro categorie di “strutture pericolose”. Si può  ritenere che i problemi più seri possano riguardare gli edifici costruiti dopo la seconda guerra mondiale, tra gli anni ’60 e i ’70. La fretta di ricostruire ha portato alla realizzazione di fabbricati in cemento armato, allora reputato “eterno”, realizzati con progetti talvolta non del tutto precisi e da manodopera non sempre qualificata. In più bisogna considerare che in assoluto molti degli edifici esistenti sono stati costruiti prima dell’emanazione di un’organica normativa sismica. In questi casi i difetti di costruzione ci sono, ma potrebbero non essere sempre del tutto evidenti. E’ necessario, pertanto, effettuare  controlli sistematici, perché potrebbero bastare anche sismi di non elevatissima entità per creare seri danni”.

 

 

Insomma, a Roma i danni potrebbero esserci in caso di un sisma serio…

“A Roma, come in qualunque altro luogo, tutte le costruzioni progettate prima della normativa antisismica sono potenzialmente a rischio. Questo non significa che tutte crolleranno, significa che sono vulnerabili e che potrebbero essere soggette a danneggiamento e in ultima istanza  a crollo in caso di evento sismico. Il livello di vulnerabilità del singolo edificio può essere definito solo dall’intervento di tecnici esperti grazie alle procedure di valutazione contenute nella letteratura tecnica e nelle norme. L’importante è che i proprietari degli immobili si allertino in caso di sospetti, anche se minimi”. (Alg)

 

 

 

 

 

 

 

 

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