Parlamentari, magistrati, giornalisti ma soprattutto decine di giovani, molti dei quali studenti e stranieri. Tutti uniti al grido che “sì, l’Europa si può cambiare”, a colpi di democrazia, giustizia sociale, ecologia e solidarietà verso chi scappa dalla guerra. Si potrebbe descrivere così la serata di ieri presso gli spazi dell’Acquario Romano, nel cuore dell’Esquilino, a due passi da Termini, dove Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze greco, con un vigore ha chiuso la sua tre giorni romana. Ha infatti scelto la Capitale per presentare al mondo DiEM 25 ( Democracy in Europe movement – 25 l’anno in cui sarà raggiunto l’obbiettivo) nuovo movimento di sinistra, ma aperto a tutti i partiti democratici sparsi per l’Europa, cattolici filo Papa Francesco compresi.
Mentre la grande sala circolare si popolava, l’Orchestra Clandestina diffondeva le note dell’Oventoure del “compagno”, Gioacchino Rossini. Ed ecco apparire tra le poltrone, tanto per citarne qualcuno, l’ex dem e ora confluito nel gruppo Misto, Corradino Mineo, il magistrato convertito alla politica, Antonino Ingroia, l’ex leader dei No Global italiani, Luca Casarini.
Ma ovviamente la star della serata era lui, Varoufakis, l’uomo che tentò di sfidare l’Ue e il suo rigore, conducendo la Grecia a un passo dall’uscita dall’euro. Jeans scuro e inseparabile giacca blue con banda rossa, Varoufakis, microfono in mano e aria da rockstar d’ordinanza, è tornato a chiedere con un inglese semi-perfetto, interrotto da un paio di applausi scroscianti, “un’Europa più giusta, più trasparente e in grado di gestire le grandi crisi globali, come l’emergenza rifugiati e la crisi economica”.
Certo, lo spettro degli attentati di Bruxelles aleggiava pure sulla fredda serata romana dell’Acquario. “I terroristi non devono vincere ma per batterli serve un’Europa unita, che oggi non esiste”, ha detto un poco corrucciato Varoufakis, col consenso della nutrita pattuglia di sostenitori al suo fianco. Dalla figlia del fondatore di Emergency, Cecilia Strada, a Marisa Matias, eurodeputata della sinistra portoghese, Marisa Matias, passando per il “podemos”, Jorge Moruno.
Verso le 23, infine, l’atteso collegamento con il discusso fondatore di Wikileaks, Julian Assange, da anni rifugiato politico presso l’ambasciata dell’Equador a Londra. Pillole sulla libertà di informazione e sull’Europa dei complotti, lontana dai bisogni della gente. E che se fosse unita avrebbe un Pil superiore a Usa e Cina. Alla fine, Varoufakis può sorridere, e lo fa, confortato da qualche pacca sulle spalle. Arriverà a Bruxelles la sua rivoluzione? (Gianluca Zapponini)