Non bastava un’Atac in coma per rendere treni e bus di Roma autentiche lumache. Adesso ci si mette pure la giustizia amministrativa a fermare i convogli, bloccando a poche settimane dall’inaugurazione i lavori della ferrovia Vigna Clara-Valle Aurelia. Il Tar del Lazio ha infatti accolto un esposto dei residenti, preoccupati dall’impatto ambientale dell’opera e dai possibili disagi in termini di rumore e vibrazioni, nonostante le rassicurazioni di Rfi, gestore della tratta, che ora valuta le prossime mosse, per non perdere il lavoro fin qui svolto. E così. per avere 7 chilometri di binari potrebbero volerci più dei 26 anni già trascorsi. Sì perchè la ferrovia in questione risale al 1990, quando in occasione dei mondiali del 1990 fu deciso di potenziare il trasporto nel quadrante nord della Capitale, per decongestionarne il traffico su Corso Francia e sulla Flaminia.
Peccato però che a campionati conclusi la ferrovia sia precipitata nell’oblio per 26 lunghi anni, con un misero bilancio finale di 8 giorni di servizio nell’arco di quasi tre decadi. Nel 2002 Rfi, controllata di Fs, ha rispolverato un progetto per la riattivazione dei sette chilometri che separano Vigna Clara da Valle Aurelia. Progetto rimasto sulla carta fino a qualche mese fa, quando il cantiere per il ripristino della linea ha aperto i battenti. Era quasi fatta, mancavano due settimane all’inaugurazione, che ecco arrivare la doccia gelata dal Tar. Che ha fatto sue le preoccupazioni dei residenti, imponendo lo stop ai lavori. Per gli automobilisti che ogni giorno si incolonnano su Corso Francia, sulla Flaminia e sul Raccordo direzione Fiumicino, è un duro colpo. Perchè riaprire la tratta avrebbe significato dare alla viabilità locale una valvola di sfogo. E invece no. A dispetto dei 120 milioni messi a disposizione dallo Stato, la ferrovia rimarrà inattiva per ancora un pezzo.
E pensare che lo scorso dicembre la stessa Rfi aveva illustrato nel dettaglio il progetto di completamento della tratta. Barriere acustiche e ridotta velocità dei convogli, avevano spiegato da Rfi, avrebbero dovuto ridurre al massimo i disagi per i residenti e per i frequentatori del vicino mercato di Piazza Diodati. Rassicurazioni che evidentemente non hanno convinto fino in fondo, tanto che l’esposto è stato ugualmente presentato. Tra le motivazioni che hanno spinto il Tar a bloccare i lavori, come si legge nella sentenza, “il mancato coinvolgimento dei ricorrenti nel procedimento di ripresa dei lavori”. In sostanza, dice il Tar, i lavori sarebbero ripresa senza sentire prima bene i residenti e le loro eventuali rimostranze. Adesso però la palla passa a Rfi, che dovrà decidere se presentare o meno ricorso al Consiglio di Stato, visto e considerato che i giudici amministrativi hanno deciso di riaggiornarsi al 25 ottobre, giorno dell’udienza definitiva. Troppo tempo, perchè si rischia di riattivare la tratta a Natale se tutto andrà bene. Sempre che Rfi non decida di impugnare la sentenza dinnanzi al Consiglio di Stato.
Contattata da Radiocolonna, la controllata di Ferrovie fa sapere di stare “esaminando attentamente il provvedimento, per capire quali siano i lavori che è possibile portare avanti e terminare e quali no”. Quanto a un possibile ricorso al Cds, Rfi non si sbilancia “ma valuta tutte le possibili azioni legali”, tra cui evidentemente rientra il ricorso. Per il momento, a Roma nord c’è un’unica certezza: per quei 7 chilometri di strada ferrata non bastano 26 anni di attesa, forse ne serviranno di più. (Gianluca Zapponini)