La nuova maggioranza non si aspetta imboscate oggi, ma l’assemblea nazionale sarà un primo test del clima nel “nuovo Pd” che vuole Nicola Zingaretti. Gli oltre mille delegati eletti con il congresso o dai parlamentari dovranno incoronare all’Hotel Ergife di Roma il nuovo segretario ‘unto’ dalle primarie con il 66% e scegliere il presidente del partito, il tesoriere e la direzione (un centinaia di membri).
In pectore per la seconda e la terza carica ci sono Paolo Gentiloni e Luigi Zanda, rispettivamente, designati dal leader, non senza malumori della minoranza sul “metodo”.
Malumori che rispecchiano la posizione di Matteo Renzi, pronto a concedere una tregua a Zingaretti dal “fuoco amico” ma non un assegno in bianco a lungo termine. Nei prossimi giorni sarà definita la segreteria con i vice. L’ex premier Gentiloni, 64 anni, non dovrebbe avere problemi a prendere il posto di Matteo Orfini: lo voterà non solo la maggioranza, ma anche le due componenti che hanno sostenuto la candidatura di Maurizio Martina, gli ex renziani doc di Luca Lotti e Lorenzo Guerini e i martiniani propriamente detti. I primi come gesto di apertura di credito a Zingaretti, i secondi per l’unità del partito sempre proclamata. Anche su Zanda, 76 anni, senatore ed ex capogruppo a Palazzo Madama, non si annunciano barricate, nonostante alcuni pensassero a proteste contro lui e Gentiloni. Ma i numeri sono inattaccabili. Ad astenersi saranno, comunque i delegati di Roberto Giachetti e Anna Ascani, con il loro 12-13% congressuale, sempre vicini all’ex premier. Resta la partita per la composizione della direzione e quella per i posti di vicepresidente. Per la prima, dominata dai sostenitori del segretario, si scontreranno per la minoranza lottiani e martiniani, con i secondi decisi a far valere “la pari dignità tra le esperienze” che hanno promosso la mozione. Ma Lotti e Guerini, grandi protagonisti della fase renziana, sono ossi duri e hanno ancora truppe consistenti.
Il leader di un tempo Matteo Renzi continua a proclamare l’intenzione di non colpire, ora, Zingaretti con il “fuoco amico” del quale si é sempre sentito vittima da segretario. “Lavoriamo per il Pd”, dice il senatore fiorentino. Analoga promessa da Giachetti e Ascani, che con Ivan Scalfarotto – coordinatore dei Comitati civici di Renzi – e Luciano Nobili hanno animato la mozione renziana ortodossa e ora si considerano “sentinelle del riformismo” nel partito dem. L’ex Rottamatore non ci sarà domani, impegni familiari come per Graziano Delrio. Un iscritto da poco più di un anno, ma molto attivo, Carlo Calenda, esorta a superare la “guerra per bande” nel Pd. All’assemblea nazionale la prima verifica.