La tragedia del ponte Morandi non solo ha sconvolto la coscienza collettiva del nostro Paese per il numero di vittime, ma ha fatto riflettere anche sulle cause di tale evento. Al netto delle responsabilità penali, il fatto che è emerso con forza è stato quello della scarsa, se non assente, manutenzione di un’infrastruttura chiave dal punto di vista economico. Una manutenzione che avrebbe dovuto affrontare un fenomeno subdolo e pernicioso che riguarda i metalli: la corrosione. “Se sottovalutarne gli effetti può comportare problemi di malfunzionamento delle componennti meccaniche o elettriche, nell’ambito dell’edilizia questo può determinare crolli di intere strutture, causando di conseguenza gravi incedenti” commenta Elisabetta Ruffino fondatrice di MotivexLab – Automotive Test Express, azienda che da anni studia le soluzioni al problema della corrosione.
Un tema quanto mai attuale visto che il caso del ponte Morandi non è isolato. Sebbene meno gravi dal punto di vista della perdita di vite umane, negli ultimi anni in Italia sono crollati almeno altri otto ponti: ad esempio l’autostrada A6 lungo la Torino-Savona nel 2019, il ponte di Caprigliola tra La Spezia e Massa l’anno scorso, un tratto del viadotto Lauricella lungo la stradale 626 tra Ravanusa e Licata nel 2014. Il punto, però, è che sono tutti incidenti che si potevano evitare con una adeguata attività di prevenzione. “Dal momento che i primi segni di ossidazione risultano visibili solamente dopo mesi o addirittura anni dopo la vendita o la messa in posa del prodotto, spesso è anche uno dei problemi più sottovalutati e ignorati” prosegue Elisabetta Ruffino.
Inoltre, nell’ambito edile il problema è ancora più complesso da affrontare visto che nelle costruzioni gli elementi metallici ne costituiscono lo scheletro e non risultano visibili dall’esterno, come nel caso del cemento armato. La migliore soluzione, quindi, è quella della prevenzione dei fenomeni corrosivi.
“Nei nostri laboratori – spiega la Ruffino – si simulano gli invecchiamenti che avvengono normalmente in ambienti naturali, accelerandone gli effetti. Per esempio una permanenza in camera nebbia salina di 500 ore può essere paragonato a dieci anni di una vettura lasciata in strada. Esistono inoltre strumenti che simulano gli ambienti marini, il sole, il caldo, il freddo, la pioggia, tra gli altri. Quando si fa fare un test di invecchiamento accelerato in nebbia salina, camera climatica o xenotest bisogna aspettare la fine del test per vedere se il campione era conforme”.
Questo significa che se al termine della procedura il campione risultasse non conforme bisognerebbe ricominciare tutto da capo, con ritardi nelle modifiche necessarie al processo produttivo, nell’avvio della produzione e nella vendita del prodotto. Se per esempio un test dura 1000 ore, cio 40 giorni, la conseguenza di una non conformità comporta un raddoppio dei tempi a 80 giorni.
“Per ovviare a questi inconvenienti abbiamo sviluppato una tecnologia di prevenzione e di valutazione innovativa: NebSal – Corrosion Test Express. Grazie a Nebsal è possibile controllare in tempo reale come si comportano i prodotti, interropendo il test in caso di non conformità” prosegue Ruffino. “In questo modo si può modificare tempestivamente il processo produttivo, avviare subito la produzione e, soprattutto, vendere e incassare prima”.
Accertare la resistenza dei materiali ai processi corrosivi è sicuramente uno dei modi migliori per valutare e parametrare le tempistiche delle attività di manutenzione necessarie, ma anche un intervento di protezione dalla corrosione riveste un ruolo di primo piano. “Esistono infatti svariati modi per garantire protezione dagli effetti corrosivi” ricorda Ruffino “uno dei metodi più semplici è applicare una verniciatura sul campione che necessita di protezione, in modo da evitare che il materiale base metallico risulti a diretto contatto con l’ambiente in cui si trova, oppure la zincatura, la cromatura e l’utilizzo di protettivi al grafene”.
Un’importanza, quella della prevenzione e protezione, cruciale non solo sul piano economico. Se, stando a recenti stime, i danni economici derivanti dalla corrosione ammontano al 4% del Pil di un Paese industrializzato, al tempo stesso non vanno sottovalutati i rischi ambientali, quali il rilascio di sostanze tossiche e inquinanti nell’ambiente (ad esempio perdite in cisterne e tubature). É quindi di fondamentale importanza garantire quella che in gergo si chiama la passivazione del componente, ovvero rallentare e fermare il fenomeno corrosivo che quest’ultimo subisce.