Viterbo, Italia deferita alla Corte Ue per arsenico nell’acqua

"Bambini a rischio". Sei zone nella provincia di Viterbo, a Bagnoregio anche fluoruro

Le acque del Lazio, in particolare nella provincia di Viterbo, continuano ad essere pericolose per la salute, soprattutto per quella dei bambini piccoli, e per questo dopo una procedura d’infrazione durata sette anni la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia, mettendola adesso di fronte al rischio di una sanzione pecuniaria. L’Italia, spiega Bruxelles, non rispetta la direttiva sull’acqua potabile, “poiche’ da molto tempo in alcune zone della provincia di Viterbo, nel Lazio, i livelli di arsenico e fluoruro nell’acqua potabile superano i valori parametrici stabiliti” dalla normativa che impone agli Stati membri di garantire che le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite.

In particolare, si legge nella motivazione della Commissione, sei aree continuano a superare i livelli sicuri di arsenico nell’acqua potabile: Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania, mentre le zone di Bagnoregio e Fabrica di Roma hanno superato anche i livelli sicuri di fluoro.La vicenda si intreccia con il futuro obbligo di passaggio dei comuni nella società di gestione del servizio idrico dell’Ato1-Lazio Nord-Viterbo, ossia la Telete s.p.a.

Negli anni la Regione Lazio ha finanziato la costruzione di dearsenificatori solo in quei comuni che avevano aderito all’Ato mentre sono rimasti fuori proprio quei sei comuni che hanno deciso di mantenere la gestione del servizio ‘in house’. Qualche giorno fa, l’assessora regionale alla Transizione ecologica Roberta Lombardi aveva fatto sapere che gli uffici della Regione stanno verificando la possibilità di estendere la disponibilità dei fondi per la gestione dei dearsenificatori anche a quei Comuni che attualmente non hanno ancora ceduto il servizio idrico integrato al gestore unico e non hanno le risorse necessarie per la dearsenificazione.Per un periodo la Regione aveva anche deciso di gestire la manutenzione dei dearsenificatori ma il costo per portare l’arsenico entro i limiti stabiliti per legge è di circa 9 milioni di euro annui ed è a totale carico dei cittadini poiché interamente riversato nella tariffa idrica.

“Questa situazione va risolta al più presto – ha commentato l’assessora Lombardi – Una situazione insostenibile, anche nei costi, che richiede pertanto un ulteriore intervento: il governo contribuisca, con i ministeri competenti, stanziando i fondi necessari a coprire le spese per la gestione dei dearsenificatori e mettendo in campo tutte le misure necessarie”. Con la decisione di oggi della Commissione europea la vicenda da locale è diventata nazionale: si attende dunque un intervento da parte dello Stato, se si vuole evitare una sentenza della Corte europea.

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