Cluster nel reparto trapiantati all’Umberto I. Secondo quanto riporta ‘La Repubblica’ il focolaio si è sviluppato nei giorni scorsi nel settore riservato ai fragilissimi. Contagiati, al momento, quattro infermieri e cinque pazienti con il sistema immunitario compromesso.
Il virus torna a far paura all’interno degli ospedali, e dopo il caso del focolaio al Sant’Eugenio, stavolta ad essere colpito è il policlinico universitario. Non in un reparto qualsiasi, ma in quello Trapianti e dialisi, frequentato da fragilissimi, con il sistema immunitario compromesso. Il primo caso si è verificato a metà della scorsa settimana.
Dall’indagine epidemiologica avviata dall’ospedale, il primo caso si è verificato a metà della scorsa settimana: era un infermiere che lavora in dialisi, che a sua volta ha contagiato il paziente che seguiva. In breve il virus si è diffuso tra operatori sanitari, e tra alcuni dei 10 pazienti ricoverati nel reparto. Sabato il conto era di 9 persone: 4 infermieri e 5 malati, di cui 3 trapiantati e uno in attesa di trapianto. Con l’eccezione di un paziente, tutti i positivi avevano da tempo concluso la vaccinazione anti-Covid, uno aveva persino fatto recentemente la terza dose.
Il reparto – riferisce il dorso locale di Repubblica – da una settimana è chiuso e non accoglie nuove persone. I pazienti positivi sono ricoverati nel reparto Covid, ma in condizioni non gravi, i 5 pazienti negativi sono trasferiti in altri reparti. “Clinicamente la situazione non è preoccupante, e tutti gli operatori sanitari non contagiati fanno un tampone al giorno spiega il dottor Alberto Deales, direttore sanitario del Policlinico Umberto I -. Non siamo la prima struttura sanitaria a registrare positivi tra vaccinati, ma la situazione nelle ultime tré settimane è peggiorata: malati di Covid che hanno fatto la doppia dose arrivano anche ai Pronto Soccorso, alcuni anche gravi”.
Ma come ha fatto il virus a penetrare in uno dei reparti più delicati, dal punto di vista delle condizioni immunitarie dei pazienti? “La dialisi prevede una lunga permanenza nella stessa stanza di operatore sanitario e paziente – prosegue Deales -. Non credo ci sia stata disattenzione da parte dell’infermiere, anche con le protezioni il virus può trovare un pertugio dove insinuarsi. Dobbiamo accettare che la pandemia non è finita, anzi è in risalita, e la terza dose dopo 6 mesi è una necessità”. Inoltre, conferma il direttore sanitario, “il reparto dialisi non è considerato tra i più a rischio, e l’infermiere indossava la mascherina chirurgica”. Insomma quanto basta alla variante Delta per bucare Dpi e anticorpi indotti dal vaccino, soprattutto se effettuato da diversi mesi.