Covid: La Sapienza a capo di uno studio che identifica i fattori di rischio trombosi

Età superiore ai 70 anni, bassi livelli di albumina ed elevati valori di D-dimero: sono un mix che espone a maggiori rischi il paziente, e permette di stabilire chi necessita di un trattamento anticoagulante

Età superiore ai 70 anni, bassi livelli di albumina ed elevati valori di D-dimero sono il mix di fattori che identifica i pazienti Covid a maggior rischio di trombosi venosa profonda, una delle gravi complicanze dell’infezione da Sars Cov-2.

A individuarlo è uno studio italiano coordinato da Francesco Violi, professore emerito dell’Università Sapienza di Roma, in collaborazione con Lorenzo Loffredo, ordinario di Medicina Interna, Pasquale Pignatelli, associato di Medicina Interna e Annarita Vestri, ordinario di Statistica Medica, che è stato pubblicato su Thrombosis and Haemostasis.

I pazienti Covid-19 hanno un elevato rischio di mortalità quando la malattia si complica con una polmonite bilaterale ed è necessaria la ventilazione meccanica. Una delle principali cause di mortalità è l’elevato rischio di trombosi, che può presentarsi sia nel distretto venoso (con trombosi venosa profonda o embolia polmonare) sia in quello arterioso (con infarto del miocardio o ictus). In particolare, coloro che avevano una combinazione di età elevata (più di 70anni) bassa albumina (<35 g/L) e D-dimero elevato (>2000ng/ml), avevano una maggiore probabilità di trombosi.

“Con in mano questo semplice punteggio, è adesso possibile stabilire chi è a maggiore rischio di trombosi e che ha necessità di un trattamento anticoagulante”, dice Violi. Malgrado siano passati due anni dall’inizio dell’epidemia Covid-19, c’è un dibattito se la prevenzione di questi eventi trombotici vada fatta con una terapia anticoagulante standard o con dosi profilattiche, cioè basse dosi di anticoagulanti. Questo aspetto è rilevante in quanto le basse dosi di anticoagulante, che a tutt’oggi sono la terapia più usata, potrebbero essere insufficienti a ridurre il rischio trombotico. Una risposta a questa seconda problematica è stata fornita dallo stesso gruppo di ricerca in un lavoro pubblicato su Haematologica, rivista ufficiale della Società Europea di Ematologia, che ha comparato i due tipi di trattamento.

“Abbiamo dimostrato che le dosi standard di anticoagulanti sono superiori alle dosi profilattiche nel ridurre gli eventi trombotici senza aumentare il rischio di emorragie serie, e rappresenterebbe, pertanto, un utile supporto non solo per ridurre gli eventi trombotici, ma forse anche della mortalità, che, purtroppo, rimane ancora elevata”, conclude Violi.

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