Policlinico Gemelli: tumore cervice uterina, immunoterapia rende più efficaci le cure

Si tratta del risultato incoraggiante di uno studio pubblicato sulla rivista Lancet. È il quarto tumore più comune nelle donne in tutto il mondo e la quarta causa di morte per cancro nelle donne tra i 35 e i 54 anni

L’aggiunta di immunoterapia al trattamento standard con chemio-radioterapia “offre miglioramenti significativi e clinicamente rilevanti nella sopravvivenza delle donne con una diagnosi di cancro cervicale localmente avanzato e ad alto rischio”. A dirlo è uno è il Policlinico Gemelli di Roma.

Si tratta del risultato incoraggiante di uno studio pubblicato sulla rivista Lancet, ideato e coordinato da Domenica Lorusso (oggi responsabile della Ginecologica Oncologica di Humanitas San Pio X e professoressa ordinaria di Humanitas University), mentre era eesponsabile Uoc Programmazione ricerca clinica della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli IRCCS a Roma. Allo studio ha preso parte anche il professore Giovanni Scambia, direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e ordinario di Ginecologia e ostetricia all’Università Cattolica.

“Il tumore della cervice è il quarto tumore più comune nelle donne in tutto il mondo e la quarta causa di morte per cancro nelle donne tra i 35 e i 54 anni – si legge nella nota -. Il protocollo prevedeva la somministrazione di pembrolizumab, un inibitore dei check-point immunitari, insieme al ciclo standard di radioterapia e chemioterapia concomitante, seguito da un trattamento di mantenimento con il solo pembrolizumab. Secondo i risultati, il trattamento combinato con immunoterapia, se paragonato a quello standard più placebo, ha ridotto del 30 per cento il rischio di progressione della malattia o di morte”. Questo beneficio è stato consistente in tutti i sottogruppi di pazienti, sebbene sia più pronunciato nei casi di malattia in fase più avanzata.

“Si tratta di un traguardo importante, dal momento che il trattamento convenzionale, in uso dal 1999, ha un’efficacia limitata, soprattutto per le pazienti con la forma localmente avanzata della malattia – afferma la professoressa Domenica Lorusso –. Studi precedenti avevano già mostrato miglioramenti con l’uso di pembrolizumab, sia da solo che in combinazione con regimi chemioterapici, ma solo in pazienti con cancro cervicale metastatico o in recidiva. Questa è la prima volta che testiamo il trattamento in prima linea, per le nuove diagnosi di tumori localmente avanzati”.

Il profilo di sicurezza di pembrolizumab in combinazione con la chemio-radioterapia è risultato coerente con quelli relativi alle singole componenti del trattamento, senza quindi presentare effetti di rischio cumulativo. “È il primo studio – afferma il professor Giovanni Scambia – a riportare un miglioramento significativo nella sopravvivenza per il cancro cervicale localmente avanzato e ad alto rischio. Crediamo che questi dati possano aprire la strada a un nuovo approccio terapeutico combinato – immunoterapia e chemio-radioterapia – per questo tipo di tumore”.

Lo studio ha coinvolto 1060 pazienti con una nuova diagnosi di cancro alla cervice ad alto rischio e localmente avanzato, arruolate in 176 centri di 30 paesi nel mondo, tra giugno 2020 e dicembre 2022. Le pazienti sono state assegnate a due gruppi in doppio-cieco (ovvero senza che né loro né i ricercatori conoscessero il gruppo di appartenenza): un gruppo di 529 pazienti a cui è stato somministrato pembrolizumab in aggiunta al trattamento chemio-radioterapico; un gruppo di controllo, con 531 pazienti, a cui è stato somministrato un placebo in aggiunta al trattamento standard. La somministrazione di pembrolizumab (o del placebo) avveniva sia durante i cicli di chemio-radioterapia sia alla fine di questi ultimi, come trattamento di mantenimento.

Secondo i risultati dello studio, a due anni dal trattamento, il pembrolizumab riduce il rischio di progressione della malattia o di morte del 30 per cento. Gli effetti del trattamento si sono visti a partire già dalla prima valutazione radiografica e sono proseguiti nel tempo. Per questo i ricercatori credono che la differenza tra i due gruppi in termini di efficacia, e quindi il miglioramento conferito da pembrolizumab, possa aumentare man mano che prosegue il follow-up. Recentemente sono stati anche diffusi i dati del primo studio di Fase 3 che ha valutato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale delle pazienti trattate con questo approccio terapeutico.

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