In un’intervista all’ANSA Rita Formisano, direttore dell’Unità post-coma e Neuroabilitazione della Fondazione Santa Lucia di Roma e socia fondatrice dell’associazione “Arco 92” , riferendosi anche al caso del bresciano Ignazio Okamoto morto dopo 31 anni di stato vegetativo dice:
“In Italia sono centinaia, anzi migliaia le famiglie che assistono disabili gravi. Negli ultimi 30 anni il tasso di sopravvivenza in fase acuta è aumentato, ma la comunità non si fa carico di chi, soprattutto pazienti giovani, sopravvive in stato vegetativo. E’ piuttosto un sottobosco di familiari-eroi, spesso isolati tra le mura domestiche, ad assicurare l’assistenza delle cronicità più gravi che sono ormai una normalità da gestire. Non un accanimento terapeutico”.
“Il coma – ha precisato l’esperta neurologa – è in fase acuta, spesso quando i pazienti sono in terapia intensiva. Successivamente subentra lo stato vegetativo, quando il paziente ha solo gli occhi aperti ma non è cosciente. Queste condizioni possono durare tanti anni, soprattutto in pazienti giovani“.
31 anni appunto nel caso di Cito, 17 anni per Eluana Englaro.
Lo stato vegetativo, ha aggiunto Formisano, “può durare decenni, soprattutto in soggetti giovani accuditi a casa o nelle ancora troppo poche strutture professionali di lungo degenza, le Rsa (residenze assistenziali).
Mentre le infezioni ospedaliere sono ancora la prima causa di morte.
A casa le famiglie sono però a rischio isolamento: tipicamente uno dei due genitori lascia il lavoro per assistere il figlio o un familiare in stato vegetativo, e al dramma della disabilità estrema si aggiungono le difficoltà economiche perché il livello di assistenza è importante.
Basti pensare al sondino per l’alimentazione direttamente nello stomaco. Da anni – come associazione “Arco 92”, presieduta da Elena Villa – chiediamo un riconoscimento economico alle famiglie per un’assistenza terapeutica congrua.
Ci sono alcune Regioni, ad esempio Lazio ed Emilia Romagna, che cominciano a erogare gli assegni di cura. Del resto l’ospedalizzazione costerebbe molto di più alla comunità. Ma in Italia – ha sottolineato Formisano – si rimane generalmente da soli a combattere le cronicità.
Vengono poi alla ribalta delle cronache i pochi casi di richieste della famiglia di interrompere l’alimentazione forzata o l’idratazione, ma sono eccezioni. La norma annovera un universo di famiglie che, dopo due o tre anni dall’inizio dello stato vegetativo, ma anche di gravi patologie come ictus, Parkinson, sclerosi multipla, Sla, vengono lasciate sole dalle Asl.
Assistiamo così a una guerra tra poveri, lungodegenze di serie A e di serie B. Con i genitori schiacciati dall’angoscia di morire prima dei figli malati.
E la legge del “Dopo di noi” è ferma alla teoria, non ci sono strutture. Andrebbe varata con urgenza una norma di sostegno “Durante noi” a supporto dei familiari-eroi”.