Jacopa è un nuovo ristorante a Trastevere. I due giovani chef provengono dal ristorante stellato il Pagliaccio e questa è già una garanzia.
La nostra curiosità, quando si parla di news, non è mai sazia. Più che mai quando si tratta di cibo. E il nostro istinto verso le eccellenze, piccole o grandi che siano, si sta raffinando. Sarà che tentiamo sempre di seguire la pista giusta, o che il cibo italiano raramente delude, ma fino ad ora quello che abbiamo provato ci ha sempre soddisfatti.
Durante le nostre “indagini” sulle recenti aperture abbiamo sentito profumo di qualità provenire dalle parti del quartiere Trastevere. Si vociferava che da qualche settimana due giovani chef, con esperienze di un certo livello, avessero inaugurato un nuovo locale all’interno di un boutique Hotel in Via Jacopa da Settesoli (nella parte alta di Trastevere).
Oltre alla fama che lo precede, anche il nome insolito, “Jacopa” (come la via che lo ospita) ci ha spinti ad andare a provarlo.
Siamo capitati in una di quelle rare sere di maggio in cui la pioggia non invadeva Roma. Quando il sole tramonta così tardi da lasciare a lungo una lieve luce che riposa gli occhi.
L’Hotel San Francesco è un piccolo hotel a tre stelle estremamente raffinato. Si trova nel centro di Roma, al confine tra Testaccio e Trastevere, in una zona dove teoricamente (ma anche in pratica) il caos non manca. In Via Jacopa da Settesoli, tuttavia, regna la calma.
Si accede nella hall dell’hotel, che ospita anche il Cocktail Bar, e proseguendo si arriva da Jacopa. Gli spazi dell’albergo sono raccolti e legati l’uno all’altro come in una dimora. Nonostante ognuno svolga il suo ruolo nell’hotel, il team è amalgamato come fosse una famiglia (dove tutti vanno d’accordo) .
Jacopa è un’estensione del San Francesco con un’anima che vive autonomamente, non c’è distacco tra una zona e l’altra ma coesione e complicità. L’intento è quello dell’essenziale ma con stile. Niente tovaglie ne fronzoli, solo tavoli in legno con il minimo indispensabile, specchi sulle pareti, tessuti verdi sulle sedute e luci calde. La sala accoglie 24 coperti, il numero sufficiente da garantire quiete e qualità, nel cibo e nel servizio.
Uno dei due chef per volontà della sorte si chiama anche lui Jacopo. Jacopo Ricci e Piero Drago provengono dalla scuola di Anthony Genovese e del suo stellato ristorante romano Il Pagliaccio . Una cucina che negli ultimi anni ha instradato diversi giovani chef di successo. Una volta detto addio al luogo che gli ha fatto da “madre” anche loro hanno scelto di proseguire il percorso in autonomia, prendendo la guida dei fornelli di Jacopa.
I prodotti della loro cucina sono spesso biodinamici, come tutti in vini in carta. La dinamicità emerge leggendo il menu e si tocca con il palato. È una cucina diretta che arriva al punto senza”sovastrutture”.
In tutti i piatti emerge un ingrediente principale con una certa forza, mai coperto da altri elementi ma solo accompagnato da sapori che lo completano in sintonia.
Come per le animelle con carciofi e limone (antipasto) o per l’agnello con cicoria e grano (secondo). In entrambe le portate ciò che conta sono le carni, con i loro sapori forti resi delicati e piacevolissimi dai condimenti e dalla cottura perfetta. I carciofi in uno, la cicoria nell’altro: i contorni sono i compagni di viaggio perfetti per queste ricette tipiche della cucina romana.
Nei piatti si incontrano i gusti forti del territorio laziale e la tecnica dell’alta cucina, che solo una lunga esperienza può esprimere.
Il menù di Jacopa rende giustizia alla qualità del cibo di una volta proiettandolo, però, in un futuro che non fà dimenticare l’importanza della tradizione.
C’è un piatto in particolare, un dessert, che parla di ricerca della materia prima. Si chiama “rapa rossa, rabarbaro e latte di capra” ed è la portata “più fotografata dai clienti”. È un dolce fatto con latte di capra proveniente dalla Riserva Naturale di Decima Malafede, dove un’azienda biodinamica produce solo latte ovino. Con questo latte viene creata una panna cotta magicamente servita sotto forma di una pecorella, con varie consistenze di rabarbaro e rapa rossa. Un risultato ludico che sdrammatizza il momento finale del pasto. Dietro ai tanti piatti che si trovano da Jacopa c’è un continuo lavoro di studio e ricerca. C’è un motore sempre acceso che trova il suo carburante nella scoperta di nuove forme e abbinamenti. Il bisogno di cambiamento e di sperimentazione comporta un ricambio dei piatti che avviene circa ogni tre settimane. Un modo per sfuggire dalla noia e dalla monotonia!
E proprio perché la banalità qui non è di casa, Jacopa offre anche un “menu della colazione” (ricordiamoci che siamo in un albergo). Anche dalla mattina, come si dice “pancia mia fatti capanna”.
Per tutti i clienti dell’hotel, come per i più golosi che vengono da fuori, ci sono uova con parmigiano e pomodoro o con pancetta ed erba cipollina. Ma anche waffle con pere e gianduia, muffin con i mirtilli e chi più ne ha più ne metta.
Per i romantici invece da giugno inaugurerà, all’ultimo piano del piccolo Hotel, un delizioso roof garden con vista su Roma.
Ci saranno aperitivi e una sfiziosa carta di prelibatezze appositamente creata da Jacopa.