Da un attento studio sulla dislocazione geografica dell’Alzheimer in Italia, compiuto dal Rotary, emergono dati importanti che devono spingere le istituzioni a decisioni radicali e rapide.
Ecco il triste podio delle tre regioni con il maggior numero di malati: 12omila in Lombardia, 109mila nel Lazio e 106mila in Emilia Romagna
Seguono Puglia (104 mila), Veneto (100 mila), Campania (98 mila), Piemonte (95 mila), Sicilia (90 mila), Toscana (85 mila) e Calabria (68 mila).
A metterlo in evidenza è il Rotary Club Roma Capitale in occasione del convegno intitolato «Invecchiare in salute: quali percorsi?» presso il Senato della Repubblica.
In Italia ci sono 1,2 milioni di malati conclamati di Alzheimer (www.RotaryAlzheimer.org) e oltre 700 mila persone che ancora non sanno di essere malate. E nel mondo i malati sono addirittura 49 milioni. Questi numeri portano alla conclusione che tra 10 anni un nuovo malato ogni tre secondi. «Cifre che devono far pensare e che devono essere prese seriamente in considerazione» conclude il presidente del Rotary Club Roma Capitale.
L’incidenza dei malati di Alzheimer tende ad aumentare con l’avanzare dell’età: la patologia interessa lo 0,4% degli individui che hanno tra i 65 e i 69 anni, l’1,9% degli individui tra i 70 e i 74 anni, il 3,4% di chi ha tra i 75 e i 79 anni per arrivare a toccare l’11,5% degli anziani che hanno 80 anni e più.
Approfondendo l’analisi per genere è evidente il gap a sfavore delle donne, le quali presentano una incidenza del 6%, doppia rispetto al 3% degli uomini.
Per quanto riguarda il livello di istruzione si osserva che l’insorgenza della malattia è diffusa prevalentemente tra gli individui meno istruiti (6%, 1 punto percentuale sopra la media) con una quota doppia rispetto a chi ha un’istruzione media (3%) e meno diffusa presso gli individui altamente istruiti (1%).
La malattia di Alzheimer influenza la qualità della vita: il 63% dei malati riferisce di avere gravi difficoltà nella attività di cura della persona, il 90% ha gravi difficoltà nelle attività domestiche, il 68% lamenta calo di concentrazione e di conseguenza il 12% dei malati è incorso in incidenti domestici.
A livello territoriale i più alti tassi di mortalità si presentano in Valle d’Aosta (48%), in Piemonte (36%), in Sardegna (36%), in Veneto (36%) e nella Provincia Autonoma di Bolzano (36%).
E, per quanto riguarda le province, i tassi più elevati si registrano a Carbonia-Iglesias (46%), Treviso (39%), Cuneo (38%), Trapani (38%), Sassari (38%), Bergamo (36%), Cremona (36%), Ancona (36%) e Modena (36%).
«Bisogna trovare molti più fondi per finanziare la ricerca e di questo possiamo farci carico noi rotariani» sostiene il dott. Renato Boccia, portavoce e responsabile -insieme al consocio Claudio Pernazza- del Progetto Alzheimer del Rotary Club Roma Capitale.
«Con l’Alzheimer ci proponiamo di fare lo stesso che abbiamo fatto con la poliomielite» commenta il dott. Pier Luigi Di Giorgio presidente del Rotary Club Roma Capitale.
Ma da dove cominciare?
Il convegno-evento, realizzato grazie alla fattiva collaborazione della senatrice Paola Binetti, è organizzato dal Rotary Club Roma Capitale (distretto 2080) con la partecipazione di 20 differenti club appartenenti a 5 diversi distretti italiani del Rotary International.
L’Ufficio Stampa del progetto è online la pagina web www.RotaryAlzheimer.org e la rassegna stampa è disponibile alla url: www.Rotary-Net.org
«Non è stato un convegno medico-scientifico a favore di qualche casa farmaceutica, ma è un convegno “rotariano”» puntualizza il responsabile e portavoce del Progetto Alzheimer del Rotary Club Roma Capitale.
E con ciò il dottor Renato Boccia intende dire che il convegno si è occupato di un problema attuale di grande interesse sociale per il quale il Rotary è in grado di fornire una lettura del problema alla luce dei valori che propugna, quali il «servire al di sopra di ogni interesse personale».
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Le demenze hanno un impatto notevole in termini socio-sanitari sia perché un sempre maggior numero di famiglie è pesantemente coinvolto, sia perché necessitano di una rete estremamente qualificata che chiama in causa sia i servizi sanitari, che quelli socio-assistenziali.
Il malato diventa rapidamente NON autosufficiente e difficilmente gestibile. L’invecchiamento della popolazione, la mutata capacità economica ed anche il netto cambiamento della composizione del nucleo familiare, rendono la presenza di un demente (affetto da demenza) di difficile organizzazione.
Si ricorre, così, sempre più spesso al ricovero in una RSA (residenze sanitarie assistenziali) dove il paziente è sicuramente protetto ma, sono ancora poche le Residenze con reparti dedicati in grado di applicare tutte quelle modalità di cura alternative (Doll Therapy Musicoterapia, la Pet therapy e l’Arteterapia…) che sono state testate con successo all’estero. (ndr. anna ricca)