Sanità: arresto differito per chi aggredisce un medico o un infermiere

La misura, applicata anche per gli ultras, è stata presentata ieri dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, ai rappresentanti degli ordini professionali

Chi aggredisce un medico o un infermiere potrà essere arrestato anche nelle 48 ore successive. Si chiama arresto in flagranza di reato differito (già applicato ad esempio per gli ultras) ed è uno degli strumenti che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha presentato ieri ai rappresentanti degli ordini professionali di medici e infermieri per contrastare un fenomeno che, solo nel 2023, ha fatto contare 16mila segnalazioni, con 18mila operatori sanitari vittime di minacce o violenze.

Si è parlato anche di nuove regole per filtrare l’accesso dei visitatori negli ospedali. “Purtroppo – dice Schillaci in un’intervista al ‘Messaggero’ – è un male che viene da lontano: l’Osservatorio nazionale su questo tema, al ministero, venne istituito già sei anni fa. Nella stragrande maggioranza dei casi i cittadini hanno fiducia nella sanità pubblica e ringraziano medici e infermieri”. Però i dati parlano di quasi 50 operatori aggrediti verbalmente o fisicamente ogni giorno: “Questi comportamenti sono inaccettabili e da combattere. Ci sono fattori socio-culturali: da qualche anno la figura del medico viene vista in maniera diversa. C’è un minore rispetto del ruoli. E ci sono grandi aspettative, rispetto alle cure, da parte dei cittadini, magari anche giuste: alcuni pretendono trattamenti in tempi e modi che non sempre è possibile garantire. Questo porta a troppi episodi di violenza”.

“E poi certo – aggiunge – in alcuni reparti forse stiamo anche pagando delle carenze di organico che conosciamo e sulle quali stiamo intervenendo. Vogliamo anche capire se ci sono problemi organizzativi e strutture ospedaliere non proprio moderne”. C’è meno fiducia nella scienza e, come ricaduta, nei medici: “E’ venuto meno questo rapporto di fiducia totale che c’era un tempo. E c’è un altro elemento importante: è passata l’idea che la scienza sia infallibile e che ogni intervento terapeutico, ogni cura, ogni operazione chirurgica debba andare a buon fine. Se guardo a Foggia, con 50 persone che aggrediscono medici e infermieri, penso appunto che il rapporto tra camici bianchi e cittadini vada rivisto. E poi c’è un altro problema che gioca un ruolo: un grande ricorso di tutti a internet”. Il ministro osserva che “in rete si trova di tutto. Certo, è anche cresciuta la conoscenza media delle malattie tra i cittadini, grazie a questo utile strumento di consultazione. Ma ci sono delle distorsioni: arrivano pazienti che hanno letto cose fantasiose su Internet, magari cure avveniristiche che sono solo oggetto di studio, e le pretendono. E soprattutto viaggiano molte fake news su internet”.

Con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sono stati aumentati i posti di polizia negli ospedali. Evidentemente non è stato sufficiente: “Con il ministro Piantedosi, con cui ho riparlato ieri a latere di una riunione, abbiamo appurato che i numeri sono stati incrementati in maniera significativa. Abbiamo inasprito le pene per chi usa violenza nei confronti degli operatori sanitari. Contestualmente abbiamo fatto una mappatura con il ministro Piantedosi degli ospedali e dei servizi sanitari dove c’era stato il maggior numero di aggressioni e abbiamo potenziato in maniera importante i servizi di polizia in quelle strutture considerate più a rischio”. Non basta: “Le pene più severe non sono un deterrente sufficiente, si deve pensare a soluzioni che vadano oltre. Ne ho parlato anche con il ministro della Giustizia Nordio. Bisogna arrivare ad applicare sempre l’arresto in flagranza di reato anche differito. Questo è lo strumento più utile come deterrente da attivare sempre. Nel confronto i rappresentanti delle professioni sanitarie abbiamo concordato su questa linea”. Si valutano inoltre “regole per filtrare l’accesso dei visitatori negli ospedali. E lo dico da quando sono diventato ministro: dobbiamo promuovere un cambio culturale. Su questo avevamo attivato un osservatorio, bisogna organizzare campagne di comunicazione perché il cittadino capisca che una persona con un camice bianco è un amico che è lì per aiutarlo”, conclude Schillaci.

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