Sanità: ictus e infarto, la presenza di una molecola nell’intestino aumenta rischio

Secondo uno studio della Sapienza, dove presente il Lipopolisaccaride (Lps), una endotossina della parete dei batteri intestinali, questo può raggiungere i vasi arteriosi provocando infiammazione e trombosi

foto da Instagram.com/SapienzaRoma di @shammell12, credits: Instagram.com/p/Chmj4-MIzEj/)

Un nuovo capo d’accusa pesa sull’intestino, che finisce sul banco degli imputati come ulteriore fattore di rischio cardiovascolare: è il Lipopolisaccaride (Lps), una endotossina della parete dei batteri intestinali, che può raggiungere i vasi arteriosi provocando infiammazione e trombosi. A rivelarlo una serie di ricerche effettuate da un team dell’università La Sapienza di Roma, coordinato dal professore Francesco Violi, e pubblicate sulla rivista Nature Reviews-Cardiology.

Questi risultati consentono di compiere passi in avanti nella conoscenza dei fattori che infiammano le arterie e favoriscono l’insorgenza dell’infarto. Lo comunica in una nota La Sapienza secondo cui lo studio ha messo in evidenza che, per motivi legati a un disturbo funzionale della parete intestinale, la lipopolissaccaride (Lps) può attraversare la parete stessa e raggiungere le arterie favorendone l’infiammazione fino alla trombosi. I risultati hanno dimostrato che la Lps è presente nelle arterie carotidee affette da grave danno aterosclerotico in soggetti ad alto rischio di ictus, e nei trombi prelevati dalle coronarie di pazienti che erano andati incontro a un infarto del miocardio.

In più di 900 pazienti a rischio di eventi cardiovascolari, inoltre, i ricercatori hanno stabilito che la misurazione nel sangue di Lps permetteva di individuare i pazienti a maggiore rischio di infarto e di ictus, fornendo un nuovo strumento per studiare l’arteriosclerosi e le sue gravi complicanze cardiovascolari. L’insieme di questi dati include l’intestino tra i fattori di rischio cardiovascolari e suggerisce che, abbassando la permeabilità intestinale, è possibile ridurre il pericolo di malattie cardiovascolari. Nella ricerca sono messe a fuoco le principali cause che possono portare all’aumento della permeabilità intestinale, e quindi all’aumento di Lps nel sangue, come una dieta particolarmente grassa, l’alcool, l’uso prolungato di anti-infiammatori, le infezioni e l’infiammazione sistemica, nonché l’età avanzata.

“I rimedi futuri – spiega Violi – sono da ricercarsi innanzitutto in una adeguata profilassi, favorendo la dieta mediterranea e riducendo l’assunzione di alcool. Alcuni nutrienti come legumi ed olio extra vergine di oliva – precisa – hanno un effetto protettivo in quanto aumentano le specie batteriche buone e la permeabilità intestinale”. I principali sviluppi di queste ricerche si muovono in due direzioni: la pubblicazione a breve dei risultati di un antibiotico intestinale locale, attualmente in sperimentazione, e gli studi sulle potenziali modalità di detossificazione della Lps. “L’auspicio – conclude Violi – è che le ricerche future possano esplorare quindi sia la possibilità di agire sul microbiota per ridurre la patogenicità dell’Lps, sia approfondire tramite l’ingegneria genetica delle strategie per neutralizzarla quando ha già attraversato la parete intestinale”.

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