Ha raggiunto quasi 30mila firme (per la precisione, 29.105) la petizione lanciata lo scorso 6 settembre dall’organizzazione WeWorld e dal duo Mammadimerda per chiedere di rimodulare il calendario scolastico italiano, tenendo aperte le scuole anche a giugno e luglio, offrendo corsi e attività, e distribuire le ferie durante tutto il resto dell’anno.
Secondo l’organizzazione no profit e le due blogger, Sarah Malnerich e Francesca Fiore – che da anni raccontano sui social una maternità lontana dai luoghi comuni – la lunghissima pausa estiva che caratterizza la scuola del nostro Paese (insieme a quella di Lettonia e Malta, scrivono), non solo moltiplicherebbe le disuguaglianze tra le famiglie (divise tra chi può permettersi lunghe ferie o pagare tate e costosi campi estivi e chi, invece, no), ma favorirebbe anche la perdita di competenze cognitive e relazionali degli studenti.
La petizione, nonostante le firme raccolte, ha attirato anche molte critiche. La pagina Facebook Mammadimerda è stata presa d’assalto da commentatrici (sono quasi tutte donne) entusiaste, ma anche da tantissime che considerano la proposta inaccettabile per varie ragioni: “La scuola non è un parcheggio” sentenziano alcune; altre, invece, sottolineano che, senza aria condizionata, già a maggio, le aule diventano forni invivibili (e d’altro canto, come dimenticare l’umida pesantezza degli esami di maturità nei torridi luglio pre-emergenza climatica?); c’è perfino chi si altera, scagliandosi contro la proposta di introdurre il tempo pieno nelle scuole dai tre ai 14 anni. Ma qui, scatta il fraintendimento.
L’obbligo sarebbe infatti per lo Stato – che latita al Sud dove, sottolineano Malnerich e Fiore, l’accesso al tempo pieno è garantito a meno di due studenti su dieci della scuola primaria, contro i cinque del nord Italia – e non per le famiglie, libere di scegliere se aderire o meno. C’è chi, infine, guadando al modello francese, suggerisce che sia più utile nei periodi di pausa avere a disposizione corsi e attività a prezzi calmierati. “Ci sono le famose ‘colonie de vacances’ – scrive Chiara – gestite da educatori che coprono proprio i periodi di vacanza. Questo bisognerebbe chiedere allo Stato”. Che è poi quello che, alla fine, propone la petizione, con il coinvolgimento però delle scuole. Escluse, pare, a leggere i commenti, da qualsiasi possibilità di miglioramento, dopo anni di politiche al ribasso che le hanno impoverite e maltrattate, relegandole nell’immaginario comune a cause perse e luoghi irrecuperabili.