Spiagge: Legambiente lancia l’allarme sulle concessioni balneari, “12mila sono troppe”

Secondo il Report 2022 dell'associazione dedicato agli arenili in alcune regioni - come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania - quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. C'è poi il problema dei canoni pagati per le concessioni, definiti "irrisori". E "tra nervi scoperti ", continua Legambiente, "anche la non completezza dei dati sulle aree che appartengono al demanio dello Stato"

Legambiente lancia l’sos spiagge libere: le concessioni balneari sono “troppe, toccano quota 12.166”. È quanto emerge dal Report 2022 dedicato agli arenili dell’associazione che sollecita l’approvazione dei decreti attuativi del dl Concorrenza.

“Tra i nodi da risolvere – per Legambiente – la scarsa trasparenza sull’affidamento in concessione, i canoni irrisori e l’assenza di un regolare censimento sul numero di stabilimenti presenti sul demanio marittimo”. A pesare anche l’aumento dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. Sul fronte delle concessioni, secondo i dati del monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo (S.I.D.), effettuato a maggio 2021, in alcune Regioni troviamo dei veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (LU), Camaiore (LU), Montignoso (MS), Laigueglia (SV) e Diano Marina (IM) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.

Per il 2020 le previsioni definitive sull’ammontare dei canoni per le concessioni balneari parlano di 104,8 milioni di euro in totale in Italia, ma di una cifra accertata di 94,8 milioni, di cui 92,5 milioni riscossi. Si tratta di “canoni irrisori”, dice l’associazione che sottolinea “che tra i nervi scoperti c’è anche la scarsa trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e la non completezza dei dati sulle aree che appartengono al demanio dello Stato”.

Secondo la Relazione la cifra del 2020, inoltre, è in calo del 12% rispetto al 2019, in parte, secondo la relazione “da ascriversi alla situazione straordinaria generatasi dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dai conseguenti numerosi provvedimenti normativi emanati per fronteggiarla”. I dati della media 2016-2020 parlano di entrate accertate per 103,9 milioni di euro annui, con 97,5 milioni riscossi.

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