Da Repubblica, articolo di Enrico Sisti
Esistono luoghi dello sport che nel corso del tempo diventano delle persone: a volte ti sorprendi a parlarci, come se potessero risponderti. Scavato cinque metri sotto il livello del mare, lo Stadio dei Marmi è decisamente un posto magico. Paradossalmente dovresti essere sott’acqua ma in realtà respiri meglio che altrove. Una pista avvolta dal mito, un impianto multifunzionale inaugurato nel 1932, imparagonabile ad altre strutture, inconfondibile. Ma se andaste a dare una sbirciata in questi giorni, rimarreste di sasso. Si vedono scavatrici, materiali per l’edilizia, inferriate, container. Non c’è più una pista, non c’è più un prato.
Se si vuole ridare slancio a qualcosa, è inevitabile che si debba percorrere la strada del “Ground Zero”. Chi lo ha vissuto, sa che nel 2013 lo Stadio dei Marmi è stato dedicato a Pietro Mennea. Chi lo ha vissuto sa che su questa pista è venuta su più di una generazione di atleti, marciatori o velocisti che fossero. Quando vivevamo gli anni belli dell’atletica italiana, ainizio anni Settanta, il tartan dei Marmi, appena steso, ti dava la sensazione di correre sulla gomma elastica (e in effetti quello era), ti sentivi più “rimbalzante”, in una parola più forte, perché accanto, a pochi metri di distanza, nello Stadio della Farnesina, c’era ancora la terra rossa, cui eri abituato.
Spesso quando ci si allenava ai Marmi, per la congestione, si imboccava il tunnel per andare ad allenarsi all’Olimpico dove un tempo la pedana del salto in lungo era posta proprio sotto la Curva Sud. Ora è tutto in rifacimento, tunnel compreso. La nuova superficie di Olimpico e Marmi sarà il “tappeto” della leggendaria azienda piemontese “Mondo”. Ai Marmi, ultimamente derubricati a parco pubblico (ma non è stata una buona idea…), la pista avrà una corsia bianca alternata a una grigia, cosi da riprendere la tonalità delle gradinate e delle sculture. Il costo dell’operazione si aggira intomo ai tre milioni di euro. Sarà tutto nuovo, incluse le zone interne, ultimamente aggredite dall’incuria e dalle infiltrazioni d’acqua. Del resto le due piste avevano vent’anni e non ne potevano più. Ma hanno avuto una resa straordinaria: più si indurivanoe più ci si correva forte (con buona pace dei tendini d’Achille…).
Ora le strutture (Olimpico e Marmi) aspettano i Campionati Europei di atletica leggera del prossimo anno. E non solo: potrebbe arrivare anche il secondo mondiale d’atletica italiano (dopo Roma 1987). I Marmi sono per l’atletica (ma anche per l’hockey, come avvenne ai Giochi del ’60) ciò che è il “Pietrangeli” per il tennis. Sono gli unici spazi dello sport mondiale circondati o meglio “controllati a vista” dalle statue. Ogni statua simboleggia una diversa disciplina sportiva. Nessuno, tra gli scultori allora coinvolti, Aroldo Bellini, Silvio Canevari, Carlo De Veroli, Eugenio Baroni, Ercole Drei, Nicola D’Intino egli altri, avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe fatto girare la testa ai campioni. I Marmi vengono utilizzati come zona di riscaldamento per il “Golden Gala”.
Ebbene alla sua prima esperienza a Roma, Usain Bolt disse di essersi fermato ad ammirare quel che lo circondava e di essersi per questo beccato un rimprovero dal coach Mills: “Ogni tanto guardavo da quella parte e mi domandavo: ma in che cavolo di posto mi trovo?”. Elena Isinbaeva, zarina dell’asta, malediceva questo fatto di dover effettuare il warm up ai Marmi: “Ma voi siete matti, mi distraggo troppo”. E il suo tecnico, Vitaly Petrov, rideva: “Non inventarti scuse!”. Secondo “Nonna” Ans Botha, allenatrice del sudafricano Van Niekerk, primatista del mondo del 400, non era legale far correre gli atleti dentro una simile bellezza: “Non siamo abituati!”. Forse per questo, per una questione d’abitudine, perfezionando la “supervelocità” nell’ormai proverbiale scudo, Marceli Jacobs non fa più caso alla suggestione dei “marmi”. Che torneranno a fine settembre. Vecchi di zecca, ma come nuovi.