Da rivoluzionari a guardoni: la parabola discendente degli hacker. Il caso M5S

I guardoni della Rete in estasi per la pubblicazione dei cellulari grillini. Che fine hanno fatto i nemici delle intercettazioni selvagge?

Che brutta fine che hanno fatto gli hacker. Dalle battaglie per il software libero alla divulgazioni di mail e telefoni dati in pasto ai tanti voyeur della Rete.

Qui da noi in Italia tutto assume un tratto ancora più grottesco e macchiettistico, con i pirati della rete che per dimostrare la permeabilità del sistema Rousseau del M5S pubblicano la mail della Raggi o i telefoni di Di Maio e Bonafede. A gongolare tutti quelli che un giorno fanno i garantisti e si schierano – giustamente – contro la pubblicazione di intercettazioni inutili e diffamatorie, l’altro gongolano perché si scopre che l’avversaria sindaca ha come nick della mail ‘flabellina’.

Magari sono gli stessi che se la prendevano con Facebook dopo il caso di Cambridge Analytica e che oggi spalleggiano chi divulga con disinvoltura dati ben più rilevanti

Garantisti a targhe alterne che non resistono al fascino dello spioncino, attrazione fatale per guardoni e sfaccendati.

Che brutta fine che hanno fatto gli hacker, nati per essere gli eredi di Robespierre e finiti col diventare cultori di Alvaro Vitali e Pippo Franco.

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