27 Gennaio, “Giornata della Memoria” e noi aggiungiamo “Del Ricordo”

Non solo la memoria può tenere viva una circostanza o una persona. Ci vuole anche il forte sostegno del ricordo consegnato come fosse un'eredità

Domani 27 gennaio 2020 è la GIORNATA DELLA MEMORIA dedicata a tutti coloro, soprattutto ebrei, che morirono nel girone infernale dello sterminio voluto dai nazisti. E purtroppo condiviso e sottoscritto da altri paesi accecati da una logica razziale e razzista che sembrava, storicamente, indiscutibile.

Certo il popolo ebraico fu quello a pagare il prezzo più alto non solo in termini di vite umane ma, anche strutturali, economici e di immaginario collettivo.

Lo United States Holocaust Memorial Museum calcola in 15-17 milioni i morti uccisi dal quel processo di “arianizzazione” che era e restò puro e sanguinoso delirio.

Con gli ebrei caddero: rom, non ariani, disabili, malati psichici, omosessuali, dissidenti… praticamente qualunque categoria umana non fosse conforme all’idea di “perfezione” dittatoriale.

Probabilmente, se il regime avesse retto ancora i soggetti da colpire si sarebbero moltiplicati all’infinito. Finché non fosse rimasto nessuno. Nessuno di diverso e poi…nessuno in grado di testimoniare l’orrore che era stato.

Ma il mondo resse, tanto da poter vedere e denunciare pubblicamente ogni singolo mattone di quell’aberrante “costruzione”.

Pochi sono i sopravvissuti, ai quei crimini, tutt’ora in vita e anche loro man mano devono “abbandonare” l’impegno preso: trasferire la memoria. Per quanto incredibile, dolorosa e ripugnante sia. Ma nessuno, anche se per interposta persona, potrà mai negare e dimenticare.

Il compito dei superstiti deve essere trasmesso alle generazioni seguenti,finché avranno la forza e il coraggio di farlo, anche se, così facendo, la tragedia che loro hanno vissuto non potrà mai abbandonarli, nemmeno per un momento. L’egoismo della storia da loro, adesso, pretende anche quest’ultima pena!

Ma è sempre più evidente che un richiamo alla ragione, all’onestà e alla coscienza civica, oggi è imperativo nella nostra Italia sbandata.

Tutto mostra segna di un degrado malato, dalla politica, ai comportamenti pubblici e privati, dalla deriva del linguaggio all’imbarbarimento della sensibilità fino alla tendenza di considerare gli altri come possibili nemici.

La scritta, in tedesco, comparsa sulla porta di un’abitazione di Mondovì dove abitò una deportata (NON ebrea) può essere letto in vari modi: dall’odio razziale in netta ripresa, all’ignorante vigliaccata dei soliti bruti che, per noia o crudeltà, pestano i barboni o ammazzano gli avversari sportivi.

Ma qualunque sia la genesi della frase appare come uno dei sintomi più cupi e preoccupanti della deriva che viviamo e che, probabilmente, vivremo ancora più aspra e crudele.

Non è il momento di chiamarci fuori da giochi perché, proprio l’apatia e l’indifferenza sono i semi del disprezzo, dell’odio e della circolarità (tragica) della storia.

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