Il Lazio è tra le regioni maggiormente colpite dalle agromafie. Il giro d’affari si aggira attorno a 1,3 miliardi, con un picco di casi nella provincia di Latina. Caporalato, falsificazioni di prodotti dop, usura nei confronti di imprenditori agricoli, acquisto di bar e ristoranti i fenomeni che sono stati maggiormente rilevati dal rapporto di Coldiretti.
Sempre più infiltrazioni di camorra e Ndrangheta
Un intreccio di interessi criminali sempre più ramificato. Tra le mafie tradizionali, è la camorra a occupare un ruolo di primo piano su scala regionale, con oltre 80 aziende già sottoposte a confisca. Il settore prediletto per l’infiltrazione? Quello della ristorazione, che tra bar e locali rappresenta il 58% delle attività illecite controllate dall’organizzazione. Diversa la strategia della ’ndrangheta, i cui interessi appaiono più diversificati e meno concentrati sulla ristorazione. Le sue attività si sviluppano soprattutto nei comparti dell’edilizia, del mercato immobiliare e nel commercio, sia all’ingrosso sia al dettaglio. Non restano fuori nemmeno i gruppi locali, autonomi e radicati sul territorio. Anche per loro la ristorazione, insieme al settore immobiliare e alle costruzioni, rappresenta un canale privilegiato di investimento. Complessivamente, questo comparto incide per oltre il 16% sul totale degli affari illeciti.
Coldiretti Lazio: la vigilanza sia alta
David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, lancia un vero allarme: “È fondamentale mantenere alta la vigilanza sui fenomeni mafiosi, come sta facendo la Fondazione Osservatorio Agromafie. Il monitoraggio svolto in questi anni ha permesso di raccogliere dati e analisi preziose.” Proprio dall’attività dell’Osservatorio è scaturito il recente disegno di legge sulle sanzioni in agricoltura e pesca, approvato dal Consiglio dei Ministri su iniziativa del ministro Francesco Lollobrigida. Il provvedimento, noto anche come “Legge Caselli”, introduce una riforma del codice penale con un nuovo capo dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare. Un passo storico, atteso da oltre dieci anni, che rafforza gli strumenti a disposizione della magistratura e delle forze dell’ordine per contrastare le mafie nel settore agroalimentare. Una sfida cruciale, che oggi trova finalmente un concreto supporto legislativo.
Sei aziende agricole su dieci irregolari
Le campagne in provincia di Latina evidenziano fenomeni preoccupanti. Nel Lazio quasi il 60% delle ispezioni ha rilevato irregolarità. Un dato allarmante, accompagnato da un incremento dei reati e degli illeciti nel settore agricolo, cresciuti di oltre il 9% dall’inizio dell’anno. A giugno i Carabinieri hanno scoperto 16 aziende non in regola e sequestrato, all’interno di una serra, due roulotte e un locale adibiti a dormitorio di fortuna: materassi per terra, condizioni igieniche precarie, lavoratori ammassati. Ad agosto, un’operazione della Guardia di Finanza nel sud pontino – tra Sabaudia e Terracina – ha portato alla luce 450 posizioni lavorative irregolari. Accanto allo sfruttamento sistemico dei braccianti, in gran parte stranieri, si afferma una forma di precarietà estrema che la Cgil definisce “lavoro povero”: i lavoratori agricoli percepiscono in media poco più di 6mila euro l’anno