Oltre 400 anni di carcere complessivi per il clan Casamonica, compresi nella sentenza che ieri pomeriggio, nell’aula bunker di Rebibbia a Roma, è stata letta in 36 minuti da Antonella Caprio, presidente della decima sezione del tribunale di capitolino. Il processo che si è concluso in primo grado è quello che vedeva 44 imputati del clan Casamonica e, al di lá degli anni di carcere inferti, è pesante il riconoscimento dell’associazione mafiosa per 9 dei principali imputati. Sentenza, quindi pesante ma più leggera rispetto alle richieste di condanna fatte dalla procura nella requisitoria del 24 maggio quando aveva sollecitato pene per 630 anni di carcere. Trenta anni per Domenico Casamonica è la condanna più pesante; 25 anni e nove mesi a Salvatore, 23 anni e 8 mesi a Pasquale, 20 anni e sei mesi a Giuseppe e 19 anni e 4 mesi a Massimiliano. Condanne che vanno degradando ma che toccano tutti i 44 imputati. Un processo figlio dell’operazione Gramigna con cui la procura, avvalendosi anche di due collaboratori di giustizia, Massimiliano Fazzari e Debora Cerreoni, quest’ultima moglie di Massimiliano Casamonica, ha districato la fitta matassa che nascondeva l’organizzazione criminale che aveva la sua roccaforte nella zona della Romanina.
La donna, con lo sconto della pena dovutole per la collaborazione con la giustizia, è stata condannata a due anni e due mesi di reclusione per associazione mafiosa spianando cosí la strada al riconoscimento dell’aggravante mafiosa anche nel filone principale del processo di primo grado, quello che si è concluso oggi nell’aula bunker di Rebibbia. Un gruppo criminale a “conduzione” familiare allargata a piú nuclei, che aveva come base il quartiere Romanina di Roma. Spaccio di droga, usura, erano i settori criminali in cui, secondo i giudici, l’associazione primeggiava grazie alla leva dell’appartenenza mafiosa e dell’uso delle armi. La famiglia di origini Rom, giá nota e temuta a Roma ma sottaciuta, la cui importanza emerse platealmente nell’agosto 2015 con un funerale spettacolare, quello di Vittorio, considerato il capostipite del ramo Casamonica nella Capitale e celebrato con assurdo sfarzo impiegando anche un elicottero che sorvolò a bassa quota il corteo funebre per le strade di Roma lanciando petali di rose. Ma lo sfarzo e l’ostentazione di ricchezza di una famiglia “nullatenente” hanno fatto concentrare sul clan l’attenzione degli investigatori. Le operazioni Gramigna e Gramigna 2 hanno portato all’arresto di circa 60 persone facendo emergere un giro di affari milionario, a cui suono seguiti ingenti sequestri di contanti, ville, macchine ed orologi di lusso.