Cinema Palazzo, in migliaia al corteo contro lo sgombero

Secondo gli attivisti la Regione Lazio aveva intrapreso un percorso per l'acquisizione della struttura come luogo di cultura e aggregazione

Il corteo per le vie di San Lorenzo a Roma promosso dagli attivisti del Cinema Palazzo

“Nuovo Cinema Palazzo resiste”, è lo striscione in testa al corteo promosso dagli attivisti, che partito da via Tiburtina, all’altezza di via degli Ausoni, ha sfilato ieri sera per le vie del quartiere San Lorenzo per protestare contro lo sgombero dello stabile, avvenuto ieri mattina in piazza dei Sanniti.

Tra bandiere e striscioni, che colorano il corteo, ad animare la manifestazione anche la musica, i cori e gli slogan intonati dai dimostranti come: “Siamo tutti antifascisti”, “Odio la Raggi, odio il Pd” e “Chiediamo diritti ci danno polizia”. In migliaia sono scesi in piazza per “resistere” e protestare contro lo sgombero di oggi: “ci vediamo accomunati allo sgombero di Forza Nuova, questo non è possibile ed è vergognoso”, attaccano gli attivisti.

Una protesta iniziata già nella mattinata, quando i manifestanti si erano seduti a terra, in via degli Ausoni, leggendo libri per portare avanti simbolicamente la vocazione culturale dello spazio.

 

“Facciamo sentire la nostra voce. Per quasi 10 anni il nuovo Cinema Palazzo ha offerto spazi culturali e di aggregazione gratuiti a tutta la popolazione dove la proprietà voleva che si installasse un casinò, migliaia di persone hanno portato spettacoli teatrali e proiezioni cinematografiche – ribadiscono gli attivisti del Cinema Palazzo -. Dove era programmato un luogo di tristezza e povertà, sono sbocciati solidarietà e bellezza. Dall’inizio della crisi pandemica, il nuovo Cinema Palazzo è stato punto di riferimento per le fasce più deboli del territorio, dagli studenti che hanno perso ogni spazio dove studiare ai comitati che hanno organizzato le raccolte di generi di prima necessità. Parallelamente la Regione Lazio aveva intrapreso un percorso che avrebbe portato all’acquisizione della struttura come luogo di cultura e aggregazione, finalmente pubblico, finalmente restituito alla città in maniera stabile e duratura. Hanno prevalso le ragioni del privato, che tramite pressioni e relazioni personali, è riuscito a produrre lo sgombero di oggi”, concludono gli attivisti.

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