Coronavirus, “Lazio pronto a contenere onda epidemica”

Secondo il direttore del Servizio di sanità pubblica della Asl Roma 1 le regioni del centro-sud hanno avuto il vantaggio del tempo rispetto a quelle del nord

Il numero totale dei pazienti positivi al Covid-19 nel Lazio rispecchia una situazione variegata da provincia in provincia. L’onda epidemica che si muove attraverso i focolai sta viaggiando da nord al sud Italia, ma può offrire, a chi subisce l’urto in un secondo momento, un margine di tempo necessario ad elaborare risposte ancora più adeguate per contenerla, come nel caso Lazio. Lo spiega il direttore del Servizio di igiene e sanità pubblica della Asl Roma 1, Enrico Di Rosa, che chiarisce subito: “Noi abbiamo delle situazioni molto variegate, da regione in regione, e dentro il Lazio da provincia a provincia. Quindi, è molto difficile immaginare cosa possa succedere da qui a 15 giorni. Noi dobbiamo ragionare su archi temporali lunghi per farci una idea dell’effettivo trend, prendendo in considerazione delle situazioni un po’ più ampie. Ritengo che da qui a due o tre settimane potremmo avere un quadro che ci dirà qual è l’effettiva evoluzione della diffusione del Covid-19”.

Secondo Di Rosa, “questa malattia è un’onda epidemica che si muove attraverso i focolai e che sta viaggiando da nord al sud Italia e le regioni del centro-sud hanno avuto il vantaggio del tempo, rispetto a quelle del nord che sono state colpite maggiormente e subito: la loro esperienza è servita a farci trovare pronti a fronteggiare la situazione e confidiamo di riuscire a contenere il numero dei casi”, auspica Di Rosa, sottolineando anche che “tutte le misure di sanità pubblica adottate, servono a ridurre il numero dei casi il più possibile, ma soprattutto a fare in modo che l’onda si sparga su un arco temporale più ampio ed essere, così, meno impegnativa per i servizi sanitari: avere 5mila casi in quattro settimane – spiega ancora – è una cosa che il servizio sanitario riesce a sopportare molto meglio rispetto a 5mila in una settimana. Quindi, l’onda lunga offre maggiori opportunità di dare risposte adeguate a chi viene coinvolto dopo dal punto di vista temporale”.

Ad oggi nel Lazio sono 1.835 i casi positivi al Covid-19, per un totale di 2.096 persone esaminate. Questo il dettaglio nelle varie province laziali: a Roma sono risultate positive 1.327 persone; 237 Latina; 286 a Frosinone; 175 a Viterbo; e 71 casi positivi nella provincia di Rieti. Mentre sono 106 le persone decedute, quasi tutte in età avanzata o affette da patologie pregresse anche gravi.

Ieri, invece, è giunta la notizia della seconda giovane vittima del Lazio positiva al coronavirus: è un ragazzo di 33 anni del Montenegro, morto all’ospedale Lazzaro Spallanzani. Data l’età, sulla salma è stata disposta l’autopsia per accertare le cause del decesso. Ora è lui il paziente più giovane deceduto nel Lazio durante l’epidemia. Prima è morto un 35enne di Cave. Il coronavirus se l’è portato via la notte tra il 21 e il 22 marzo scorsi, nell’ospedale di Tor Vergata, a seguito di una grave crisi respiratoria che non gli ha purtroppo lasciato scampo. Ma aumentano anche i guariti, che oggi salgono di 24 arrivando a 155 totali, tra cui uno dei bambini ricoverati all’ospedale pediatrico Bambino Gesù.

Nel Lazio si è registrato oggi un incremento di 195 casi positivi, con un aumento legato essenzialmente ai cluster nelle case di riposo, dove sono risultate positive 67 persone, solo oggi, ovvero più di un 1/3 dei casi totali giornalieri. La situazione più complessa sulle case di riposo è nella provincia di Frosinone tra Fiuggi, Cassino e Veroli, ma si apre anche un fronte a Rieti, mentre a Roma città oggi si sono contati altri 46 positivi, fra cui i casi della casa di riposo Giovanni XXIII. Inoltre, nel Lazio, alla luce degli ultimi decessi, è stata isolato, dopo Fondi, anche il comune Nerola, che di fatto è diventata “zona rossa”. Qui il vero allarme riguarda la casa di riposo Santissima Maria Immacolata, dove su 40 operatori sanitari 16 sono risultati positivi al test e delle 63 persone presenti all’interno della struttura, 56 sono risultate positive e di queste 26 risultano residenti nel comune per un’incidenza pari al 13,3 per mille abitanti. “Purtroppo si tratta di una forma patologica virale che degenera spesso in polmonite – spiega il direttore Di Rosa -. Quindi, qualsiasi condizione sottostante di comorbidità come: cardiopatia, diabete e problemi di malattie croniche polmonari e l’età avanzata, sono tutte condizioni tali che mettono l’organismo in una situazione tale da non riuscire a sopportare lo stress che questa malattia causa. La maggior parte delle persone che muoiono sono di età molto avanzata, ma c’è qualche sporadico caso di persone più giovani che comunque hanno delle forme impegnative a livello polmonare. Tuttavia, nella realtà laziale la situazione è molto limitata: l’età media delle persone decedute è molto elevata e/o con patologie pregresse anche gravi”.

“L’infezione da Covid-19 è la causa terminale della morte, ma è chiaro che le concause giocano un peso importantissimo. Quello che bisogna dire – sottolinea Di Rosa -, che al di là della drammaticità della situazione, con l’impegno enorme che i servizi sanitari sono chiamati a sostenere, abbiamo la fortuna che nella stragrande maggioranza dei casi, ci sono forme di virus che sono lievi e tante moderate, con persone, anche non giovani, che superano la malattia molto bene. Poi c’è una piccola percentuale di casi che va in rianimazione e qualcuno che purtroppo non riesce a superarla, perché una polmonite interstiziale è una malattia molto grave e molto impegnativa”.

Per quanto riguarda la possibilità che l’aumento dei casi registrato a Roma e nel Lazio sia dovuto anche al rientro di molte famiglie dalla settimana bianca, Di Rosa invita alla cautela: “sicuramente abbiamo avuto, nelle due settimane precedenti, tantissima gente rientrata da soggiorni al nord Italia. Ma francamente non mi sento di dire che ci sia un collegamento. Questa malattia – ribadisce – è un’onda epidemica che si muove attraverso i focolai e che sta viaggiando da nord al sud Italia e nelle regioni del centro-sud”. Infine, il direttore del Servizio di igiene e sanità pubblica della Asl Roma 1, Enrico Di Rosa, si dice molto soddisfatto e orgoglioso della risposta da parte del servizio sanitario regionale. “Io sono coinvolto sin dall’inizio e sono molto soddisfatto della capacità di risposta che ha mostrato il servizio sanitario regionale del Lazio, perché ha compiuto un grande sforzo organizzativo. Quindi – conclude – se la situazione dovesse precipitare, il servizio sanitario regionale sarebbe in condizione di dare una risposta pronta, perché ci si è mossi per tempo e adeguatamente”.

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