Giubileo: al Circo Massimo la giornata penitenziale dei giovani

Sono migliaia, e si muovono in gruppi compatti. C'è chi organizza piccoli picnic e chi si stende sulle bandiere colorate del proprio Paese mentre intona un canto

Alcuni pellegrini al Circo Massimo di Roma in occasione della giornata penitenziale del Giubileo dei giovani.

Canti parrocchiali, tamburelli che risuonano ritmati, momenti di risate che si alternano a quelli di dialogo e introspezione. Lungo i marciapiedi che costeggiano il Circo Massimo, migliaia di ragazzi seduti per terra si confessano a cielo aperto, accanto al sacerdote. Questa mattina il Circo Massimo è diventato il cuore pulsante della comunità dei ragazzi e delle ragazze arrivati da tutto il mondo per la giornata penitenziale del Giubileo dei giovani a Roma.

Sono migliaia, e si muovono in gruppi compatti. C’è chi organizza piccoli picnic e chi si stende sulle bandiere colorate del proprio Paese mentre intona un canto. Si vedono bandiere del Libano, dell’Italia, del Perù e della Spagna. E poi, c’è l’attesa per la confessione. “È un’esperienza che ti rimane dentro”, racconta Katia, pellegrina francese di 27 anni che si sposerà a settembre con Milan. “Siamo venuti insieme dalla diocesi di Évreux, in Normandia. Sentivamo che questo momento andava vissuto come coppia, anche spiritualmente”.

Più di mille sacerdoti si alternano in duecento postazioni di confessione, organizzate in tendoni bianchi all’interno dell’Arena. “È una macchina organizzativa impressionante”, commenta un volontario della Croce rossa. “Ma tutto funziona, i ragazzi si avvicinano con rispetto, si prendono il loro tempo, si mettono in ascolto”. Sul posto sono presenti oltre le forze dell’ordine locali, i vigili del fuoco e la Protezione civile, anche la Gendarmerie francese, la Policja polacca e la Guardia civil spagnola. Le strade intorno al Circo Massimo, come via dell’Ara Massima di Ercole, sono transennate e i gruppi di giovani pellegrini arrivano a piedi in fila, mentre altri siedono per terra raccolti in preghiera. Da Agrigento è arrivato Vincenzo insieme alla sua comunità parrocchiale. “Facciamo parte dell’unità pastorale San Giuseppe, nel centro storico”, spiega. Accanto a lui c’è Teresa, architetta di 57 anni.

“Ho studiato a Roma, tornare qui dopo tanti anni per qualcosa del genere mi ha toccato profondamente. È la mia prima esperienza così: l’ho vissuta come un segno di cambiamento. Tutti diciamo di volere la pace, ma pochi si mettono in prima fila. Io ho deciso di fare questo cammino per la speranza”. Teresa si commuove parlando della giornata precedente, quella dedicata ai giovani italiani. “Una testimonianza mi è rimasta dentro”, ricorda. “Diceva: ‘Sii il cambiamento che vuoi vedere’. Mi ha fatto riflettere sul mio ruolo nella comunità, su quanto possiamo fare, anche solo con piccoli gesti”.

Da Cagliari è arrivato un gruppo di ragazzi legati ai Salesiani di San Paolo che alloggiano a Don Bosco per il Giubileo. “È una giornata per rinnovare la nostra fede e sentirci un po’ più vicini a Dio”, racconta Andrea Secci mentre sorregge la bandiera dei quattro mori. “Ma anche per vedere la nostra comunità mondiale, sentirci uniti, anche se veniamo da posti diversi”. C’è anche chi ha attraversato il Mediterraneo per esserci. Alfred, 20 anni, viene dal Cairo. “È la mia prima volta a Roma – dice emozionato -. Siamo qui per celebrare il Giubileo con le nostre famiglie, fratelli e sorelle. Domani andiamo a Tor Vergata per sentire il Papa. Mi sento contento, emozionato. Gli italiani sono molto calorosi. Noi siamo umani, e dovremmo amarci tutti, essere uniti”. Con sé, Alfred porta due cose. La bandiera dell’Egitto e un piccolo taccuino su cui annota le parole italiane che impara ogni giorno e mostra mentre sorride.

E nella mattinata ha fatto visita anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri: “È uno spettacolo straordinario – ha detto -. L’allestimento devo dire è meraviglioso e questi ragazzi ancora una volta mostrano un’energia, una passione, una gioia e dei valori davvero straordinari. I bilanci li faremo alla fine, però chiaramente sono molto soddisfatto che loro sentano Roma accogliente, perché anche in questo senso è una città universale. I giovani sono un popolo della pace e portano l’idea della speranza nel mondo. Se fossimo tutti come loro, il mondo sarebbe di molto migliore”.

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