Continuano gli episodi di gambizzazione a sud est di Roma e, come i precedenti, anche quello di mercoledì mattina in zona Spinaceto, sembra essere riconducibile fatti di droga e, in qualche modo, alla stretta sulla criminalità attuata dalle forze dell’ordine nel quadrante urbano. Tre le persone ferite alle gambe nel mese di settembre, almeno tra quelle note. Non si esclude, infatti, che altri episodi di violenza siano passati sottotraccia, con vittime curate in strutture non pubbliche.
Al quadro va aggiunto l’omicidio di Daniele Di Giacomo, a Tor Bella Monaca, il cui contesto deve essere ancora chiarito. Nel caso di ieri, il 33enne italiano, si è presentato all’ospedale Sant’Eugenio, con un’ogiva nella gamba destra che gli aveva causato diverse fratture. “Un piccolo calibro non sarebbe riuscito a rompere le ossa. L’arma usata doveva servire, evidentemente a mandare il giusto segnale”, spiega un investigatore ad “Agenzia Nova”. L’uomo operato resta in condizioni gravi e sembrerebbe tutt’altro intenzionato a collaborare con la polizia che indaga sul suo ferimento. Sostiene infatti di non ricordare chi gli ha sparato, e neanche dove. Di lui si sa poco. Non avrebbe precedenti per droga ma sarebbe molto vicino a persone note nell’ambiente dello spaccio.
È la parte bassa della filiera dello spaccio quella in cui si stanno concentrando i fenomeni violenti. I piccoli spacciatori, infatti, restano i tasselli con cui i vertici di ciascuna rete di spaccio affermano il proprio “diritto” su una piazza, ma l’ambizione dello stesso pusher per un maggior profitto o per tentare di mettersi in proprio, magari dopo un blitz di arresti delle forze dell’ordine che ne arresta i capi, finisce per essere pagata a caro prezzo. E infatti è proprio nei quadranti a sud est della Capitale che si sono concentrate le operazioni di carabinieri e polizia delle ultime settimane: Tor Bella Monaca, Quarticciolo, San Basilio, ma anche Cinecittà e Centocelle sono territorio in cui le forze dell’ordine stanno mettendo sotto pressione i clan con arresti e sequestri che hanno lasciato spazi vuoti.
Nelle attività dello spaccio, per ridurre movimenti di soldi che rischiano il sequestro nel caso in cui venissero trovati, “si è affermato il principio del credito”, dice l’investigatore. “Significa più debiti. Gli spacciatori hanno più soldi in mano, e quando il livello superiore viene arrestato, lo spacciatore pensa di poterseli tenere o, addirittura sostituirsi al referente arrestato”, racconta. E la gambizzazione solitamente “è il segno che l’operazione non è riuscita”. Del resto il collegamento tra il pusher e il suo livello superiore è ridotto a uno scambio di messaggi via Whatsapp. Spesso neanche si conoscono di persona. Lo ha ben descritto qualche settimana fa il tribunale capitolino durante l’udienza di convalida per un 48enne romano che era stato arrestato, il giorno prima, per il possesso di sette dosi di cocaina e 280 euro in contanti.
Attraverso messaggi “mi dicevano dove trovare l’auto, dove era la droga e a chi la dovevo portare”, ha detto l’indagato al giudice. Ha raccontato di essere stato contattato sullo stesso programma di messaggistica da una persona che non conosceva, la quale gli aveva proposto il “lavoro” che aveva poi accettato. Nella chat sul telefono tutte le indicazioni per recuperare l’auto e il luogo della consegna. “Sì, funziona così a eccezione del fatto che lui non conoscesse il suo “datore di lavoro”. È altamente improbabile entrare nel giro senza essere conosciuto da chi lo gestisce”, dice l’investigatore.