Sulla moria di pesci avvenuta il 30 maggio nel fiume Tevere, ancora non vi è certezza da parte delle Istituzioni sulle cause e sulle possibili fonti di inquinamento. Gli studiosi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio (Arpa), insieme agli esperti del servizio zooprofilassi della Asl Roma1 hanno eseguito dei prelievi nelle acque del fiume e ora si attendono i risultati. Una moria “anomala” e improvvisa di carpe, rovelle, cefali, ma non solo. I test sui campioni di acqua e di pesci morti dovranno rivelare se la causa della moria è imputabile a sostanze velenose. Una delle spiegazioni più probabili potrebbe essere un improvviso calo dell’ossigeno nelle acque del fiume a causa della proliferazione della flora per via delle forti piogge con lo sversamento nel fiume di sostanze tossiche particolarmente letali.
Marco Seminara, ecologo dell’Università di Roma La Sapienza. “All’inizio e per tutto il periodo estivo il tratto urbano del fiume Tevere a Roma è sempre esposto a queste piogge estive, che sono piuttosto intense e magari anche improvvise e localizzate – ha spiegato Seminara -. Questi fenomeni storicamente si sono già verificati molte volte, a maggiore o minore intensità in relazione con due fattori: la quantità d’acqua che cade sul tratto interessato e si convoglia nel Tevere e il tempo di siccità che lo ha preceduto”. Seminara ha precisato, infatti, che quelle chiamate “acque di prima pioggia” nella stagione calda, “dilavano le strade e siccome nel tratto urbano del Tevere gran parte di quelle acque raggiunge direttamente il fiume, questi dilavamenti, purtroppo, portano con sé tutta una quantità di sostanze che si sono depositate sia sulle piante che sulla sede stradale e nei tratti circostanti”.
Non è escluso, infatti, che dati i violenti acquazzoni avuti nelle scorse settimane, i fossi che trattengono le acque reflue si siano svuotati nel fiume, causando una riduzione dell’ossigeno. “Al Tevere – ha spiegato ancora l’ecologo – vanno anche molti fossi a cielo aperto che sono arginati, ma che non sono altrettanto manutenuti. Quindi, durante la stagione asciutta arrivano tramite piccoli sversamenti o dai terreni circostanti o addirittura da sversamenti legali: sostanze che si sono accumulate e sono rimaste ferme per un certo periodo, ma le piogge le rimettono in moto e le conducono al Tevere. Dunque – ha sottolineato Seminara -, a seconda della localizzazione di questi eventi si hanno tratti di fiume che sono sottoposti ad apporti improvvisi di sostanze che in parte sono tossiche e in parte sono organiche e quindi consumano una grande quantità di ossigeno una volta in soluzione, sottraendolo alle acque del fiume e provocando delle morie improvvise”. In questa ultima moria pare siano state coinvolte alcune specie ittiche abbastanza forti e resistenti: “questo – ha concluso Seminara – mi fa pensare che sia stato qualche apporto particolarmente letale”.