L’assoluzione non può essere l’ultima parola sul mistero, perchè tale è rimasto, della morte di Serena Mollicone, la liceale 18enne di Arce, in provincia di Frosinone, trovata morta il 3 giugno 2001 nel bosco dell’Anitrella. E’ questa la determinazione della Procura e della famiglia di Serena, gli zii e la sorella, che oggi hanno depositato il ricorso in Appello contro la sentenza della Corte d’assise di Cassino che ha assolto tutti gli imputati.
A depositare il ricorso sono stati il sostituto procuratore Maria Beatrice Siravo e gli avvocati dello zii Antonio e Armida Mollicone, della sorella Consuelo e della famiglia del brigadiere Santino Tuzi), morto suicida l’11 aprile del 2008. Il 15 luglio scorso la corte d’assise di Cassino aveva assolto dalle accuse di omicidio volontario ed occultamento di cadavere il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, la moglie Anna Maria ed il figlio Marco. Nella ricostruzione della Procura, Serena il giorno della scomparsa andò in caserma ad Arce e nell’alloggio dei Mottola ci sarebbe stata una lite al culmine della quale la studentessa avrebbe battuto con violenza la testa sul montante di una porta, riportando le ferite che ne hanno provocato la morte. Assolti anche i carabinieri accusati di favoreggiamento nei confronti del loro comandante: l’allora vice comandante della stazione di Arce maresciallo Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano.
Il ricorso arriva dopo 22 anni di indagini, false piste, colpi di scena. La prima svolta avviene con l’arresto del carrozziere Carmine Belli che però in Corte d’Assise viene assolto. Le indagini finiscono su un binario morto. Ripartono quando due giovani marescialli dei carabinieri notano una serie di incongruenze nei fogli di servizio della caserma di Arce. Matura il sospetto che Serena il giorno della scomparsa sia andata in caserma ad Arce e da lì nell’alloggio del comandante, il maresciallo Franco Mottola di cui conosceva il figlio Marco, poi gli indizi conducono alla violenta discussione al culmine della quale la ragazza batte la testa.
Le indagini ipotizzano che il corpo sia stato custodito nella vecchia caserma di Arce e che al delitto abbiano partecipato a vario titolo il maresciallo, la moglie ed il figlio. Quella che viene ritenuta una svolta avviene quando diventa chiaro che uno scenario simile è possibile solo con la complicità di altri carabinieri: vengono avviati approfondimenti su chi era in servizio il 1 giugno 2001 ad Arce. È a quel punto che crolla il brigadiere Santino Tuzi: in due interrogatori rivela di avere visto Serena entrare e di averla fatta salire nell’alloggio dei Mottola.
Poi ritratta tutto e dice di essersi inventato ogni cosa. Morirà suicida nei giorni successivi. Si giunge al processo per Franco Mottola, la moglie, il figlio, il vice comandante della caserma Quatrale e l’appuntato Suprano. Ma anche il secondo processo in Corte d’Assise si conclude con un’assoluzione. Ora la richiesta di Appello, depositata dalle Parti Civili e dalla procura