Una persona discreta, affabile, pronto a vedere le cose anche con gli occhi di chi in quel momento gli era vicino. Potremmo riassumere con queste parole David Sassoli, scomparso nella notte ad Aviano per una malattia del sistema immunitario. Il suo rapporto con Roma è sempre stato forte e ha attraversato varie fasi.
Fiorentino di nascita, ma romano di adozione, viveva vicino a via delle Milizie con la moglie, capo Soprintendenza Unica Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per L’Aquila. Padre di due figli di 26 e 29 anni, che hanno intrapreso la loro carriera nel settore legale e dell’insegnamento universitario. La famiglia gli è stata vicino fino all’ultimo momento.
Fin da giovane Sassoli ha militato nelle giovanili della Dc e nell’associazionismo. I suoi riferimenti ideali in politica erano Dossetti e La Pira, uomini di fede che però amavano sporcarsi le mani con le cose della vita di tutti i giorni.
Il Giorno, il Rosso e il Nero di Santoro, il Tg1 la sua vera palestra, che gli permisero di conoscere meglio Roma, e che lo fecero apprezzare dai tanti colleghi giornalisti della Rai ma anche di tante altre testate. Una carriera che aveva visto nel 2004 l’elezione a presidente dell’Associazione Stampa Romana, il sindacato dei giornalisti di Roma e del Lazio. L’allora segretario di quel tempo Silvia Garambois scrive così: “David per me sei e resti il presidente dell’Associazione Stampa Romana. Avevo chiesto io la tua candidatura, te lo dicevo che era perché a un sindacato serve un presidente bello con gli occhi azzurri. Io ero la segretaria, quella che faceva le trattative, che litigava e faceva la faccia dura, tu il presidente, che sapeva parlare e convincere, l’intelligenza e la capacità di porsi. Si cementano amicizie, così. E si provano le persone. Ho sempre saputo che saresti stato un grande presidente anche per l’Europa, rassicurante sapere che eri in quel ruolo. Ma soprattutto sei e resti un amico. Ti piango, David”. Erano periodi in cui cominciavano a palesarsi una crisi dell’editoria che poi avrebbe avuto effetti lungo. Ma Sassoli, anche nelle riunioni più accese era in grado di ricomporre le divisioni più marcate. La sua gentilezza d’animo, ma con toni fermi, alla fine aveva la meglio.
L’amore per Roma alla fine si concretizzò con la sua candidatura nel 2013 alle primarie Pd per il sindaco di Roma. L’establishment del partito però gli preferì Ignazio Marino, poi sappiamo come è andata. Sassoli sarebbe stato sicuramente all’altezza del compito, e probabilmente in grado di capire meglio le sfumature e le asperità di questa città. A quel punto il ritorno a Bruxelles, era stato eletto nel 2009. Nel 2014 fu designato vicepresidente, e il 3 luglio del 2019 l’elezione a presidente. Anni cruciali questi, segnati da crisi finanziarie, tensioni internazionali, la pandemia.
Anche durante la sua permanenza a Bruxelles amava tornare con frequenza a Roma, rifugiandosi anche nella sua dimora a Sutri. A dicembre aveva detto che non si sarebbe ricandidato alla presidenza del Parlamento Ue. Sarebbe stato una grande risorsa per la politica italiana, un uomo per bene al servizio delle istituzioni.